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Angelo Panebianco sul Corriere della Sera: “Quella in Ucraina non è una guerra per procura”

Sul Corriere della Sera, Angelo Panebianco confuta la tesi delle guerre per procura: “Due idee circolano fra i critici dell’appoggio occidentale alla Ucraina.

La prima – scrive l’editorialista – è che quella degli ucraini sia una «resistenza per procura», per conto terzi. È il governo degli Stati Uniti che se ne serve perpetuando così la guerra. Essa non sarebbe altro che un aspetto della competizione di potenza fra Stati Uniti e Russia.

La seconda idea è che Zelenzky sia un prepotente, un ingordo. Tanto l’idea della resistenza per procura quanto il giudizio su Zelensky, si reggono su un assunto: nelle guerre, e più in generale nella politica internazionale, contano solo i governi, le persone comuni non contano nulla, ciò che esse credono e vogliono vale meno del due di picche.

Ci sono alcuni «pupari» e tutti gli altri sono pupazzi manovrati dai primi. In realtà, le guerre per procura non sono mai esistite: coloro che localmente si combattono lo fanno per ragioni che dipendono dai loro (locali) contenziosi.

Lungi dall’essere i pupari – prosegue Panebianco – le grandi potenze si accodano, sono obbligate a sostenere, ciascuna, il proprio cliente. Per le stesse ragioni non esiste nemmeno la resistenza per procura.

Le armi della Nato non sarebbero servite da sole a fermare «l’operazione speciale», l’invasione russa dell’Ucraina.

A fermarla è stata la volontà degli ucraini di non soccombere, di non farsi schiavizzare da Putin. Zelensky è la loro guida ma nulla avrebbe potuto se un intero popolo non avesse scelto di seguirlo nella difesa del proprio Paese e della propria libertà.

Proprio pensando ai cittadini ucraini, combattenti e non, e a cosa è accaduto nelle loro menti e nei loro cuori, possiamo dire che questa immane tragedia almeno una cosa buona l’ha prodotta: l’Ucraina non è più un «Paese in bilico», diviso fra Oriente e Occidente. E ciò rafforza anche l’Europa, ne allarga i confini.

È forse questa la più grave sconfitta di Putin. Anche certi giudizi su Zelensky il «prepotente» sono il frutto della stessa sottovalutazione di ciò che vogliono gli abitanti dell’Ucraina.

Pensare che i leader possano decidere in piena autonomia, prescindendo dagli orientamenti e dai sentimenti di quelle persone – conclude – è frutto di un abbaglio”.

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