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Alessandro Vespignani (University of Boston): «Dovete migliorare Immuni, deve prenotare test»

“Non so se siete ancora in tempo per far funzionare davvero la app Immuni, ma so che è obbligatorio provarci. Se pensiamo che le uniche armi contro il virus siano le mascherine e tenere le persone chiuse in casa, stiamo  sbagliando tutto. Ma se sbagliare quando arrivò la prima ondata era scusabile, ora non ci sono scuse”.

Così, in una intervista a Repubblica, Alessandro Vespignani, fisico e direttore del laboratorio della Northeastern University di Boston che studia  l’andamento della pandemia.     

“La app contro il virus è una cosa bellissima ma funziona solo se gli crei un mondo intorno – spiega lo scienziato – Quello che manca a Immuni è il cosiddetto supporto post vendita. Ovvero, ho la app e poi che succede? Ho qualcuno con cui parlare? Posso contattare un medico più velocemente? Posso fare subito un test? Senza queste cose la app fa addirittura paura. Ti arriva una notifica di un contatto a rischio e sei solo”.

In Germania, per esempio, hanno varato un call center nazionale ad hoc: “Sono stupefatto che non ci sia in Italia. Era il momento per assumere studenti, o disoccupati. Si dovevano creare i navigator del Covid”. In un modello ideale, secondo Vespignani, arriva la notifica di Immuni, si chiama il call center nazionale e poi “puoi fare subito il test. Le file che ho visto in Italia sono una follia. Ci sono modi semplici per gestirle: il contact tracer che ti risponde al telefono può darti l’ora esatta in cui farai il test. Oppure lo prenoti via Immuni. In Germania lo fanno già”.     

“Abbiamo davanti almeno cinque mesi molto difficili con alti e bassi, la battaglia è lunga – conclude il fisico – c’è tempo di sistemare Immuni, come c’è tempo di potenziare tutto il resto. Ma ricordiamoci che non è la tecnologia il problema. L’innovazione non è solo un prodotto, ma il processo che c’è dietro. Senza questo la app non serve”.

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