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«Lo smart working nella pubblica amministrazione? Fa male al Paese»

Il telelavoro, introdotto per decreto nella pubblica amministrazione in risposta all’esigenza di contenere la diffusione della pandemia, sta paralizzando tutte le procedure. La denuncia è del presidente dei costruttori romani (Acer), Nicolò Rebecchini, che in un’intervista al Corriere della Sera individua nello smart working un freno alla ripresa post emergenza. “Ogni ipotesi di rilancio del Paese resterà lettera morta, se gli uffici pubblici non si rimetteranno al lavoro concretamente, tornando a confrontarsi con il pubblico. La presenza in ufficio al momento è indispensabile”. Rebecchini lamenta come “oggi, la gran parte degli uffici statali, regionali e comunali è ferma”. I problemi sono evidenti: secondo il presidente dell’Acer, un esempio arriva dalle gare d’appalto, indette di recente “da parte delle Rfi, le ferrovie italiane, per la manutenzione dei loro fabbricati: avere i certificati per partecipare a queste gare è difficilissimo – spiega Rebecchini – si rischia di far scadere i termini e di non potervi prendere parte. E questo purtroppo vale per tutte le gare pubblicate. In più – conclude – vi è assenza di dialogo con le direzioni lavori degli enti pubblici, durante tutte le fasi, quando invece tutto questo dovrebbe essere costante”.

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