«Rispetto ad altri sono stato molto fortunato. Non ho mai avuto intralci. I miei genitori, ad esempio, mi hanno sempre appoggiato e mi hanno aiutato a cogliere ogni opportunità. Questo mi ha dato la forza di trovare una mia indipendenza. Ho fatto tutta la gavetta che c’era da fare, concorsi, audizioni aperte, borse di studio. Quello dei ballerini è un percorso spesso in solitudine». Valentino Zucchetti, ballerino del Royal Ballet di Londra, primo italiano a portare una sua coreografia a Covent Garden, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera.
«I sacrifici» afferma «sono sacrifici quando li senti tali, io finché mi sento realizzato vado avanti. Il resto per il momento lo metto in secondo piano. Ho sempre avuto questa fortuna: non mi sono mai attaccato troppo a persone e luoghi. Questo mi ha reso la vita più semplice. A 11 anni sono andato a Milano da solo, a 16 a Londra, a Zurigo a 19, poi a Oslo, dieci anni fa qui. Per un ballerino questo è normale. L’amico più vecchio che ho è di 15 anni fa. Ho perso gli amici d’infanzia. È uno dei prezzi che si pagano. Ho una vita diversa dalla gente normale: devo concentrarmi e dare tutto per realizzare i miei sogni e mettere da parte cose che potrebbero intralciarmi. Non durerà per sempre. Il fisico mi sta già tirando la maglietta. Vedremo come si svilupperà il prossimo futuro».
Per la Royal Opera House, Zucchetti firma la coreografia di “Anemoi” su musiche di Rachmaninoff, in prima mondiale il 26 giugno: «È nato come divertissement per la nuova generazione di ballerini» racconta «il titolo originale era Scherzo. Il Royal Ballet mi ha dato l’opportunità di svilupparlo e farne un’opera completa. Ecco allora il concetto di “Anemoi”, gli dèi dei venti nella mitologia greca. All’interno c’è una storia d’amore, una coppia che si scopre, si conosce, si innamora con emozione primaverile, entusiasmante: come per noi che stiamo uscendo dalla pandemia, una rinascita dopo questo brutto periodo. Sono convinto che la gente abbia passato troppo tempo a riflettere. Adesso c’è voglia di ripartire».
«In Italia abbiamo ottime accademie» prosegue Zucchetti «formiamo ballerini eccellenti che arrivano dappertutto, qui, a New York, a Boston, a San Francisco, a Madrid. L’anno scorso, ad esempio, 12 dei 16 ballerini del New English Ballet, una compagnia stagionale con la quale lavoro spesso, erano italiani. Incredibile. Negli ultimi anni in Italia sono diminuite le opportunità, molte compagnie hanno chiuso, e forse siamo un po’ esterofili, si crede che chi arriva dall’estero sia migliore. Noi italiani così siamo più valorizzati all’estero. Mi capita di chiedermi se sarei riuscito a diventare anche coreografo se fossi rimasto in Italia. Ho appena compiuto 33 anni. Potrei passare alla coreografia a tempo pieno» conclude «una transizione non indifferente. Mi piacerebbe lavorare con altre compagnie internazionali, anche in Italia. Non mi sarei mai aspettato una première alla Royal Opera House. È un bel biglietto da visita».








