Il Green pass è uno provvedimento per «tutelare il funzionamento dell’università come istituzione collettiva». Questa è la posizione di Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari che «pur comprendendo le obiezioni di alcuni colleghi giuristi», ritiene che l’emergenza sanitaria richieda regole precise. «Io ho una forma economica e taglio le cose con l’accetta, ma naturalmente capisco alcune preoccupazioni giuridico-istituzionali».
Secondo i promotori dell’appello contro il green pass, chiudere la porta degli atenei ai docenti e agli studenti che non sono vaccinati? né vogliono farsi il tampone? lede diritti fondamentali come quello al lavoro e allo studio. Lei si è già trovato a dover chiudere la porta in faccia a qualcuno?
«Fra due giorni ho una tornata d’esami. Sto scaricandomi la app perché dovrò controllare personalmente che i miei studenti abbiano il green pass. È un compito piacevole? No, certo che no. Ma va fatto. Veniamo da un anno e mezzo di università chiuse. Dobbiamo ripopolare le aule e per farlo in questo momento ci vuole il green pass. Tanto più dal momento che la pandemia è tutt’altro che debellata. Il green pass serve a tenere aperte le università, non il contrario. Io sono pragmatico» spiega «e ora l’obiettivo prioritario è tutelare l’università in presenza. Semmai si potrebbe facilitare la procedura dei tamponi, abbassandone i costi», afferma in un’intervista al Corriere della Sera.
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