Silvana Hrelia, Professoressa di Biochimica all’Università di Bologna e Accademica Ordinaria dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, ha preso parte al webinar “L’eccellenza agroalimentare Made in Italy”, organizzato dall’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia e moderato dal Professor Enrico Al Mureden. Riportiamo di seguito il suo intervento integrale.
“Il ruolo centrale del comparto agroalimentare e ortofrutticolo è evidenziato sia dal suo ruolo nella pandemia, ove il comparto ha retto l’impatto garantendo risorse a tutta la popolazione italiana, sia nell’ambito del PNRR, il quale garantirà importanti finanziamenti al settore, che dovremo gestire oculatamente e ripagare.
Quando si parla di alimentazione in Italia, occorre evidenziare che non occorre alcuna rivoluzione, né progettare nulla di nuovo. Siamo già i cultori della più bella e antica alimentazione: la dieta mediterranea è stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio culturale dell’umanità. La forza della dieta mediterranea è edificata su quattro pilastri: competenza, conoscenza, pratiche e tradizione. Essa, inoltre, è il regime alimentare più salutistico, a patto che si privilegino alimenti di stagione, freschi, territoriali e minimamente processati.
Così, la dieta mediterranea garantisce il massimo contenuto di nutrienti e di fattori protettivi e benefici. Non solo, ma la tradizione agroalimentare mediterranea è motore di biodiversità e sostenibilità, con ricadute importanti sulla salvaguardia del paesaggio, sul contro all’abbandono dei suoli e sulla lotta al dissesto idrogeologico. Insomma, la dieta mediterranea è un modello ecosostenibile che può contare su una ricchissima biodiversità agricola, che è il vero punto di forza del nostro Paese, nel quale ogni regione ha le proprie filiere caratteristiche.
Per altri versi, la nutrizione è il cardine della medicina preventiva (sono solita parlare, ad esempio, dell’olio extravergine di oliva come di un “farmalimento”): essa fa bene al corpo e all’economia. Si pensi che l’OMS stima che il regolare consumo di 600g al giorno di frutta e verdura (circa cinque porzioni) ridurrebbe di 135.000 unità giornaliere i decessi per malattie coronariche e di 110.000 unità giornaliere quelli per ictus. Già oggi, i Paesi mediterranei hanno le più besse incidenze di patologie che sono e saranno tra le principali cause di morte nei Paesi sviluppati. In Italia, le problematiche cardiovascolari sono responsabili del 35% dei decessi tra i maschi e del 43% tra le femmine.
L’ISTAT stima che la spesa media per interventi chirurgici cardiovascolari raggiunga i 650 milioni l’anno, con un grande impatto sul Servizio Sanitario Nazionale. Da questi dati possiamo desumere che seguire la dieta mediterranea, nell’accezione più autentica di dieta della tradizione, dell’ecosostenibilità e della biodiversità non solo è una scelta salutistica e di crescita economica, ma anche etica, in quanto utile a preservare tradizione e costumi dei popoli del Mediterraneo.
Queste, a mio avviso, sono le linee guida per onorare PNRR.
In tale contesto, per il rilancio del settore agroalimentare italiano, l’accademia ha la grande responsabilità di formare i professionisti del futuro: professionisti nuovi e non settorializzati. Tutti i profili in futuro dovranno compenetrarsi tra loro: sarà fondamentale formare non un’unica figura multitasking, ma tante nuove figure collaborative a livello trasversale, dotate di apertura ideologica. Sarà altresì importante curare una corretta comunicazione e trasmissione dei concetti a un pubblico estremamente eterogeneo, fatto di professionisti, giornalisti e popolazione, nelle sue diverse fasce di età, reddito, scolarizzazione ecc. è, ad esempio, fondamentale far capire alle nuove generazioni quanto è necessario, buono e sano scegliere un prodotto della tradizione mediterranea.
Non è mai troppo presto o troppo tardi per una comunicazione nutrizionale corretta, perché il consumatore informato è il primo valorizzatore della qualità dei nostri prodotti. In questo senso, i produttori italiani dovranno curare particolarmente l’internazionalizzazione della propria attività, in quanto la sfida si vince sui mercati internazionale. L’italiano è lingua più bella del mondo, ma bisogna parlare anche la lingua del commercio internazionale per valorizzare al meglio i nostri prodotti, anche nell’ambito del circuito turistico. Per questo a me piacerebbe poter parlare di un turismo delle eccellenze agroalimentari, che veda un singolo territorio valorizzato con la massima visibilità sul mercato internazionale, fondendo insieme tutte le sue eccellente. Per raggiungere questi obiettivi, l’università deve plasmare professionisti che condividano percorsi formativi interdisciplinari e sappiano incontrarsi su temi di interesse comune”.