La transizione digitale delle imprese ancora non decolla.
Nel 2023 il 60,7% delle piccole e medie imprese adotta almeno 4 attività digitali sulle 12 utilizzate per comporre il Digital Intensity Index (57,7% nell’Ue27).
Lo rileva l’Istat, precisando che tra le imprese con almeno 10 addetti si confermano indicatori di punta rispetto alle imprese Ue il cloud computing (61,4%, 45,2% media Ue27) e la fatturazione elettronica, prevista in Italia da obblighi di legge per un’ampia platea di operatori economici (97,5%, 38,6% Ue27).
I divari maggiori si riscontrano, a scapito delle Pmi, nelle attività che richiedono maggiore competenza specialistica come per l’analisi di dati (25,7% le Pmi e 74,1% le grandi imprese) e in quelle più legate alla complessità organizzativa e dimensionale come per l’utilizzo di software gestionali (Erp e Crm) (rispettivamente 41,4% e 85,0%; 18,5% e 53,4%); seguono l’utilizzo più intensivo di social media (almeno due) (28,0% e 55,0%) e quello dei servizi più sofisticati di cloud computing (54,6% e 80,1%).
Rispetto al 2022 si mantiene stabile (46,8%) la quota di Pmi nelle quali più del 50% degli addetti hanno accesso a Internet per scopi lavorativi.
Si capitalizza così il notevole incremento registrato rispetto al 2019 anche nella quota di addetti delle Pmi (55,7%) che utilizzano dispositivi connessi a Internet (53,9% nelle grandi imprese con almeno 250 addetti).
La mancanza di competenze frena l’adozione delle tecnologie di intelligenza artificiale (IA): è un ostacolo per il 55,1% delle imprese che hanno preso in considerazione l’utilizzo delle tecnologie IA senza poi adottarle.