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Sabina Nuti (rettrice Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa): «Regioni investono sempre di più in monitoraggio sulla Sanità per colmare le lacune ed essere chiari con i cittadini»

Come hanno reagito i sistemi sanitari regionali davanti all’emergenza pandemica da Covid 19? Ad analizzare la risposta sanitaria regionale di Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto, e le due province autonome di Trento e Bolzano, hanno provato a rispondere tre analisi, riferite ad altrettanti strumenti, presentate oggi a un evento online organizzato dal Laboratorio MeS Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Tre i parametri presi in considerazione con ben 61 indicatori a cadenza mensile: mantenimento del livello di servizi sanitari prodotti, giudizio dell’utenza rispetto ai servizi offerti e capacità di rilancio attraverso un’efficace politica vaccinale. La tenuta dei sistemi sanitari, secondo la ricerca, c’è stata pur con diverse differenze, come spiegato dalla rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Sabina Nuti.

«Le Regioni hanno fatto questa scelta in ottica volontaria e pro attiva per dotarsi di un sistema di verifica per conoscere punti di forza e punti di debolezza, senza paura ma in un rapporto di chiarezza con i cittadini. Il 2020 ha rivoluzionato non solo le nostre vite ma anche il sistema di valutazione delle performance dei sistemi sanitari regionali»

Hanno partecipato all’evento, oltre alla rettrice Nuti, il direttore generale dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), Domenico Mantoan, e il team di ricerca del Laboratorio MeS. Obiettivo della ricerca, misurarsi, in maniera tempestiva, per valutare se i sistemi abbiano retto di fronte allo tsunami della pandemia da Covid-19 e individuare subito le aree alle quali prestare maggiore attenzione, sia in termini di tenuta della rete di offerta, sia in termini di giudizio della popolazione rispetto ai servizi ricevuti.

La valutazione delle politiche vaccinali, svolta in collaborazione con Agenas, attualmente in campo completa il quadro, con l’individuazione delle più efficaci strategie di rilancio del sistema. Le aree di indagine coperte includono alcune prestazioni ospedaliere particolarmente sensibili, oltre ai servizi ambulatoriali, al pronto soccorso, all’assistenza domiciliare e alla salute mentale. I dati nazionali nel 2020 hanno individuato alcune prestazioni “non comprimibili”, per le quali le regioni hanno dovuto fare uno sforzo ulteriore per ridurre il meno possibile i volumi erogati. È il caso, per esempio, delle prestazioni oncologiche: gli interventi chirurgici per tumore alla mammella (classe di priorità A) sono calati in media del 14% nel 2020, rispetto al 2019, ma ci sono realtà come Marche e Friuli Venezia Giulia, che hanno contratto l’erogazione sotto il 2%, e la provincia autonoma di Bolzano che registra addirittura un incremento del +7%. In questo caso, a un calo delle prestazioni nel periodo marzo – giugno 2020 è seguito un rimbalzo sia nel periodo tra luglio e settembre, sia in quello tra ottobre e dicembre.

Un altro esempio è quello riguardo gli interventi chirurgici per tumore al polmone (classe di priorità A), calati in media, tra le regioni analizzate, del 19%, con riduzioni addirittura superiori al 20% in Puglia, Umbria, Lombardia e Liguria. Ci sono anche qui Regioni che invece hanno contratto la mancata erogazione, rimanendo stabili (Bolzano) o addirittura in crescita, rispetto al 2019, come la Toscana (+1,4%). Dalle regioni e dalle province autonome che aderiscono, fin dal 2007 al “Network delle Regioni”, è, ancora una volta, arrivato un segnale forte: investire sul monitoraggio è quanto mai prezioso, per colmare le lacune nel minor tempo possibile.

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