Dobbiamo valutare l’obbligo di vaccino per il settore pubblico. Parla così, Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco e componente del Comitato tecnico scientifico che però ha rassicurato sostenendo che la possibilità «che si sviluppi un ceppo più letale» del Sars-Cov-2 è «improbabile».
Palù ha tratteggiato il quadro della possibile evoluzione della pandemia in Italia: «Partiamo dai numeri di oggi: il 67 per cento della popolazione over 12 è vaccinata con due dosi, in terapia intensiva ci sono 466 pazienti e nei reparti ordinari poco più di 3.700. I morti giornalieri sono nell’ordine di alcune decine. Naturalmente dovremo valutare che impatto avranno la riapertura delle scuole e la piena ripresa delle attività su questo scenario, ma l’ampia copertura vaccinale offre garanzie e consente di essere ottimisti», sottolinea in un’intervista al Corriere della Sera.
La priorità resta «convincere gli “esitanti” a vaccinarsi, sulla base di dati scientifici oggettivi. Sappiamo che un 4-5 per cento della popolazione è No vax ed è inutile ogni tentativo di persuasione. Un altro 15-20 per cento, tra i 30 e i 60 anni, è composto da persone timorose o dubbiose: su queste dobbiamo lavorare. Chiedere loro di fidarsi della scienza è controproducente, servono i numeri: il 95 per cento dei pazienti in terapia intensiva non è vaccinato; i vaccini che abbiamo oggi proteggono al 97 per cento dalla morte e al 95 per cento dalla malattia grave, anche contro la variante Delta».
«Abbiamo vaccini costruiti su una sequenza virale isolata a gennaio del 2020 che, nonostante le mutazioni del virus, sono ancora estremamente efficaci. La variante Beta (isolata in Sudafrica ndr) è quella più “cattiva” e immunoevasiva, ma per fortuna non si è diffusa in modo massiccio. La Delta in Italia è quasi al 100 per cento e, dato interessante, non è stata soppiantata da altre varianti nei Paesi ad alta prevalenza».
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