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Oro e Bitcoin ai massimi livelli, la paura fa i record | L’analisi

Mentre i governi del mondo si barcamenano tra shutdown, debiti galoppanti e crisi politiche, gli investitori si rifugiano dove si sente più caldo: oro, Bitcoin e, per i nostalgici, anche un po’ di argento.

L’oro ha superato quota 4.000 dollari l’oncia. Per la precisione 4.002, con un +0,74% nell’ultima seduta. Un +50% da inizio anno, roba da fare impallidire perfino i maghi di Wall Street. Il metallo giallo, l’investimento più antico del mondo, rivaleggia nella corsa al rialzo con chip e server dell’intelligenza artificiale.

Ma la tecnologia si prende subito la rivincita: il Bitcoin, che vola a 124.955 dollari, supera il precedente massimo di 124.480 dollari toccato ad agosto. +30% solo nel 2025, e un valore di mercato che ora flirta con i 2,45 trilioni di dollari. Di fianco, Ether tiene il passo con dignità, forte dei suoi 545 miliardi di capitalizzazione. Per un asset alternativo, non male.

Perché tutto questo fervore? Perché la finanza mondiale, dietro le cravatte e i report di analisi, è guidata da un motore semplice: la paura.

Negli Stati Uniti, lo shutdown è realtà, con il governo paralizzato e la minaccia concreta di licenziamenti di massa tra i dipendenti federali. Altro che Dow Jones.

In Europa, la crisi politica francese – un film che si sta trasformando in una serie con tanti protagonisti – minaccia la stabilità dell’intera eurozona. E così anche l’euro vacilla, perdendo un altro 0,34% a 1,1672 dollari, mentre la sterlina scivola dello 0,54% a 1,341 dollari.

Si dice che gli investitori preferiscano la stabilità. Ed è per questo che, a quanto pare, oggi scelgono le criptovalute.

Chris Weston di Pepperstone l’ha detto a Bloomberg: “Il caos dà un motivo per acquistare oro e Bitcoin come protezione contro il deprezzamento delle valute.”

Lo chiamano “degradement trade”: lo svilimento degli investimenti dipendenti dalle monete tradizionali a favore di asset alternativi. Più che una strategia, sembra una fuga. Restare fuori mentre il mondo brucia.

Il dollaro, faro della finanza globale per decenni, si è indebolito di circa il 30% rispetto a Bitcoin quest’anno. Una performance che non si vedeva dai tempi delle prime bolle speculative.

E il Giappone? Fa ancora meglio: debito/Pil al 260%, yen in calo dell’1,6% dopo la vittoria di Sanae Takaichi e aspettative di nuovi stimoli fiscali che si tradurranno in debito aggiuntivo.

Il rendimento dei titoli trentennali è al massimo storico. L’argento si difende a 48,292 dollari, con una lieve flessione dello 0,28%, giusto per non passare completamente inosservato.

Per Ubs non ci sono dubbi: “Ci sono motivi sia fondamentali che tecnici per credere che l’oro continuerà a salire. Entro fine anno lo vediamo a 4.200 dollari l’oncia.”

E poi c’è ottobre: il mese storicamente più felice per Bitcoin, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “Uptober.” Negli ultimi dieci anni ha chiuso in positivo per ben nove volte. Sarà la magia dell’autunno o il crollo delle istituzioni, ma le cripto in ottobre sembrano rinascere, a differenza delle foglie.

Insomma, quando la fiducia crolla, a brillare sono i metalli e i token. I mercati ci raccontano una storia fatta di sfiducia nei governi e nelle valute. E allora meglio rifugiarsi nel vecchio caro oro o nella nuova, scintillante blockchain.

Tanto, tra un debito pubblico da tripla cifra, un’Europa che vacilla e un’America in pausa legislativa, oggi perfino un wallet cripto sembra più affidabile di un banchiere svizzero.

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