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Matteo Orfini, Commissione Cultura Camera dei Deputati: “Più è libera la cultura più funziona la democrazia”

Matteo Orfini, Commissione Cultura Camera dei Deputati, è intervenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 29 e 30 novembre 2024 a Bologna.

Ecco il suo intervento nel panel centrato sul tema “E’ corretto parlare di egemonia culturale?“, moderato dal giornalista Pierangelo Sapegno.

“Il concetto di egemonia è uno dei più abusati e spesso male utilizzati nel dibattito del nostro paese, tra l’altro c’è un ampio dibattito storiografico su come interpretarne il significato nel pensiero di Gramsci che lei ovviamente conosce bene. E tra l’altro per Gramsci l’egemonia culturale era ovviamente funzionale all’egemonia politica, cioè era uno strumento che serviva a raggiungere l’egemonia politica e in qualche modo era antitetica all’idea di dominio politico. Sottendeva l’idea che appunto ci fosse il bisogno di costruire intorno a una funzione di governo che in quel momento ovviamente era inimmaginabile per un partito comunista e Gramsci scrive quelle pagine dal carcere, la capacità di convincere una parte larga, almeno le classi dirigenti del paese e di tirare fuori la condizione di subalternità di classi popolari del paese.

E su questo si innesta un lavoro politico che poi viene sviluppato da Togliatti perché diciamo nella visione di Gramsci ancora non c’era il partito di massa, non c’era il partito nuovo poi appunto che fu costruito soprattutto da Togliatti. In quella visione c’era soprattutto l’importanza della funzione di quelli che Gramsci definiva intellettuali, utilizzando in termini una sezione molto più ampia di quella con cui lo utilizziamo oggi, cioè gli intellettuali erano quelli che in qualche modo svolgevano una funzione intellettuale che erano gli insegnanti, erano le persone di università cioè era un fondo molto più largo di quello che nell’attribuzione di oggi.

Io non penso che identità e futuro vadano messe in contrapposizione. Io sono orgoglioso della mia identità e penso che sia utile, sia quello che sono, e quello che siamo tra l’altro in alcuni casi mostra anche di essere abbastanza attuale se pensiamo al successo che sta avendo nelle sale il film su Berlinguer.

Ad esempio è chiaro che non può diventare solo un monumento di se stessa l’identità o del passato, serve a guardare al futuro. Noi su questo ci dobbiamo misurare, sulla capacità di costruire un futuro e quindi di pensare a un futuro diverso dal presente.

Quell’identità non deve rimanere l’ostaggio dell’identità della sinistra ma vale per chiunque quando si rimane ostaggio della propria storia non si riesce a entrare nel futuro. Quando quella storia diventa un insegnamento per capire come guardare e pensare al futuro è sempre utile. Dopodiché credo che il punto di fondo sia soprattutto nella funzione che noi svolgiamo di legislatori, poi una volta all’opposizione una volta al governo, il tema è garantire che la cultura in questo paese, che le istituzioni culturali siano libere.

Noi abbiamo bisogno sostanzialmente di questo, non dobbiamo immaginare quando la politica vuole fissare la cultura, un conto è la battaglia che uno fa come partito, come parte, la costruzione di rapporti, di relazioni ma quando si governa, quando si è nelle istituzioni noi dobbiamo capire come far funzionare meglio il mondo culturale e come garantirne la libertà. Ho fatto l’esempio di quelli che sono considerati mostri sacri, punti di riferimento della sinistra, le più grandi litigate politiche della storia ma insomma dei partiti in cui ho militato recentemente nella mia vita sono state politiche individuali di sinistra, ma questo non ha mai fatto pensare a nessuno di noi che bisognasse cambiarli o metterli sotto controllo.

La cultura funziona quando è libera, è libera anche di cambiare, cambiare la sinistra, la destra. E’ la funzione che la democrazia si deve sforzare di avere, più è libera più funziona una democrazia“.

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