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Massimo Sessa, Presidente Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: “Mancano ingegneri civili e la forzante climatica è sempre più impattante sulle infrastrutture”

Massimo Sessa, Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici, è intervenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 29 e 30 novembre 2024 a Bologna.

Ecco le sue dichiarazioni prima di intervenire al panel centrato sul tema “Le opere infrastrutturali utili al Paese tra tempi di realizzazione e difficoltà burocratiche“, moderato da Massimiliano Atelli.

“La situazione attuale delle infrastrutture in Italia, dopo la grande spinta, il grande sforzo, sia in termini di procedure approvative, sia in termini di bandi e apertura dei cantieri con il PNRR, è un paese in cui ci sono tanti cantieri per modernizzare questo paese, per modernizzare le infrastrutture, perché le infrastrutture sono un po’ come gli uomini, invecchiano e bisogna in qualche modo fare manutenzione, i medici dicono che dopo 50 anni serve una manutenzione, e anche per le infrastrutture.

Insieme a questo aspetto di manutenzione c’è anche una grande spinta per nuove infrastrutture, qual è il tema vero? Che in Italia fare infrastrutture su un territorio che ha delle criticità sismiche e idrogeologiche, siamo nella città di Bologna e abbiamo visto quello che è successo di recente, fare infrastrutture e bisogna farle che siano compatibili con un cambiamento climatico che impone delle forzanti diverse da quelle di prima, e bisogna pensarle affinché siano resilienti rispetto a queste forzanti. È diverso che fare infrastrutture tipo l’alta velocità in Francia che tu hai grandi pianure, fai un rilevato e metti dei binari, voi sapete che qua a Bologna c’è la tratta Firenze-Bologna ferroviaria che è un’infrastruttura che ha cambiato la vita all’Italia, però è un’infrastruttura in mezzo a decine di chilometri di gallerie, con gallerie nell’Appennino che è un territorio, è un terreno difficile dal punto di vista geologico e geotecnico.

Tra pensare e realizzare c’è spesso di mezzo il mare. Oggi i gestori del servizio idrico e la capacità di conoscenza del territorio anche con le nuove linee guida che noi abbiamo fatto per la progettazione del progetto di fattibilità tecnico-economico, con un’organizzazione adeguata e con professionali adeguati. Il tema è che non si trovano più ingegneri civili nell’intervento, se ci fosse un’organizzazione, spero che ci sia, i tempi possono essere stretti per dare risposte anche a tutto il problema delle grandi piogge, tanta acqua in poco tempo e pochissima acqua che porta a siccità. Questa è la grande sfida che noi dobbiamo porre in essere.

Di inurbazione ne abbiamo tanti esempi. Lì si scontra che quei terreni spesso e volentieri potevano essere utilizzati per l’urbanizzazione. Oggi c’è un tema a monte. Insieme all’Università di Architettura che fa urbanistica, dobbiamo ripensare un approccio nuovo sull’urbanistica. Le città cambiano. Una volta c’erano le grandi pianificazioni con i piani di settore.

Oggi la società muta e noi dobbiamo pensare a una città che cambia rapidamente, cambiano i componenti. Una volta c’erano case di grandi dimensioni perché c’erano grandi famiglie. Oggi abbiamo spesso famiglie a due unità.

Su questo aspetto cambiano i servizi, ma soprattutto dobbiamo pensare a un’urbanistica che va di pari passo con quello che l’ha rappresentato, essere resiliente. Oggi la forzante climatica, se non cambia il trend, è una forzante importante, che riguarda anche i porti. Noi dobbiamo pensare a banchine portuali e dighe che salvaguardano il porto più alti di quelli di prima.

Pertanto c’è uno sforzo di ingegneria, c’è uno sforzo di ricerca, c’è uno sforzo di costi perché queste opere che devono avere una vita media di almeno 100 anni devono essere adeguate in previsione al cambiamento del sistema climatico”.

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