Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Martin Scorsese: «Ho trovato la Grazia dentro il buio e la paura del lockdwon»

Si intitola “l’asma e la grazia” la nuova INTERVISTA che Martin Scorsese ha concesso alla Civiltà cattolica, quindicinale dei gesuiti stampato con l’imprimatur della Segreteria di Stato vaticana.

Il grande regista ha intessuto da tempo un rapporto cordiale con il direttore della rivista, padre Antonio Spadaro, ha dedicato uno dei suoi ultimi film ai missionari gesuiti del Seicento in Giappone, “Silence”, ed ha incontrato Francesco, il Papa gesuita nei cui confronti ha espresso ammirazione.

Alla Civiltà cattolica, che ha pubblicato in passato una prima INTERVISTA, Scorsese racconta del suo periodo di lockdwon a causa della pandemia da coronavirus e, in particolare, della sua ansia: “A febbraio, quando mi sono reso conto che tutto si stava fermando – una ‘pausa’, si diceva – e che io e mia moglie avremmo dovuto metterci in quarantena e rimanere a casa per un periodo di tempo indefinito, l’ansia ha fatto la sua apparizione”.

“Una nuova forma di ansia”, afferma il cineasta statunitense di origini italiane.

“L’ansia di non sapere nulla. Proprio nulla. Era tutto in sospeso, rinviato a non si sapeva quando, come in un sogno in cui corri a perdifiato, ma non arrivi mai alla meta. In una certa misura, è ancora così. Quando sarebbe finita? Quando saremmo stati in grado di uscire?”.

“Quando avremmo potuto vedere nostra figlia? E poi, quando avrei potuto girare il film che avevo pianificato con tanta cura? Presto? E in quali condizioni? Avremmo avuto problemi di location? Sarei riuscito a trovare il modo per lavorare con gli attori e la troupe? E poi una domanda precisa…”

Poi “l’ansia è andata crescendo, e con essa la consapevolezza che avrei potuto non uscirne vivo. Soffro di asma da tutta la vita, e questo virus a quanto pare attacca i polmoni più spesso che qualsiasi altra parte del corpo”.

“Mi sono reso conto che avrei potuto davvero tirare il mio ultimo respiro in quella stanza della mia casa che era stata un rifugio e ora era diventata una specie di fortezza, e stavo iniziando a sentirla come la mia prigione. Mi sono ritrovato solo, nella mia stanza, a vivere da un respiro all’altro”.

Una condizione che è rimasta?, domanda padre Spadaro.

“Poi, qualcosa… è arrivato. Si è posato su di me e dentro di me. Non so descriverlo diversamente. All’improvviso ho visto tutto da un punto di vista diverso, migliore”.

“Sì, non sapevo ancora che cosa sarebbe successo, ma non lo sapeva nessuno. Avrei potuto ammalarmi e non lasciare mai più quella stanza, ma, se fosse accaduto, non avrei potuto farci niente”.

“È divenuto tutto più semplice e ho provato un senso di sollievo. E questa consapevolezza mi ha riportato agli aspetti essenziali della mia vita”.

“Ai miei amici e alle persone che amo, alle persone di cui devo prendermi cura. Alle benedizioni che ho ricevuto: ai miei figli, a ogni momento trascorso con loro, a ogni abbraccio, ogni bacio e ogni saluto… a mia moglie, e quanto sono fortunato ad aver trovato qualcuno con cui sono riuscito a crescere e a far crescere insieme una bambina e al tempo stesso… a poter fare il lavoro che amo”.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.