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[Lo scenario] La Russia minaccia l’Europa: «Pronti a interrompere le forniture di gas. Gravi danni ai vostri cittadini»

La Russia ha apertamente minacciato di interrompere le forniture di gas naturale attraverso il gasdotto Nord STREAM 1.
Lo ha detto il vice premier russo Alexander Novak alla televisione di stato.

Abbiamo il pieno diritto di imporre un embargo al transito di gas attraverso il gasdotto Nord STREAM 1, che oggi opera al 100%”, ha spiegato Novak, aggiungendo che un simile passo potrebbe essere una risposta alla decisione tedesca di fermare l’approvazione per il progetto Nord STREAM 2 in seguito all’invasione dell’Ucraina.
Novak ha detto che la Russia non sta prendendo ora questa decisione ma si sente spinta in questa direzione “dai politici europei e le loro accuse”.

Attraverso il Nord STREAM 1 la Russa invia 60 miliardi di metri cubi di gas l’anno all’Europa attraverso la Germania. 

La Russia è pronta a spostare le sue risorse energetiche

Secondo il vice premier “la Russia è pronta, qualora l’Europa dovesse rinunciare alle risorse energetiche russe, e Mosca sa dove reindirizzare le proprie forniture, mentre l’Europa non sarà in grado di sostituirle in tempi rapidi”. 
La sostituzione in tempi rapidi del petrolio russo sul mercato europeo è impossibile, ci vorrà più di un anno e sarà molto più costoso per i consumatori europei. In questo scenario, saranno loro le principali vittime. I politici europei dovrebbero quindi dire onestamente ai loro cittadini e ai consumatori cosa aspettarsi e che i prezzi alle stazioni di servizio, per l’elettricità, per il riscaldamento saliranno alle stelle”, ha affermato il vicepremier sempre alla tv russa.

Se volete rifiutare le forniture di energia dalla Russia, noi siamo pronti – ha aggiunto Novak – sappiamo dove possiamo reindirizzare questi volumi. L’unica domanda è chi ne beneficia e perché è necessario”. 

Conseguenze catastrofiche per mercato mondiale

“Un’eventuale messa al bando del petrolio russo avrebbe conseguenze catastrofiche per il mercato mondiale”.

“E’ abbastanza ovvio che il rifiuto di acquistare petrolio russo porterà a conseguenze catastrofiche per il mercato mondiale, l’impennata dei prezzi rischia di essere imprevedibile e di superare i 300 dollari al barile, o anche di più” ha concluso Novak.

La posizione degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti intanto alzano la voce e spingono per rafforzare le sanzioni estendendole anche al settore energetico e sembrano pronti ad andare avanti anche da soli, ma nessuna decisione è ancora presa. “Bisogna continuare ad alzare i costi per la Russia per la sua ingiustificata e non provocata invasione dell’Ucraina”, ha detto in sostanza il presidente americano Joe Biden in una video call con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Boris Johnson.

Una consultazione alla quale non è stato invitato il premier Mario Draghi, che ha avuto in serata una telefonata con Scholz. Germania e Italia sono i due Paesi europei che sarebbero più danneggiati da un embargo energetico, a partire ovviamente da quello del gas.
E proprio Scholz ieri pomeriggio è uscito allo scoperto con una dichiarazione pubblica, sostenendo che il gas russo per gli europei è essenziale per la vita quotidiana dei cittadini. E rompendo di fatto il fronte unitario sulle nuove sanzioni che la presidente della commissione Ue Ursula Von Der Leyen sta faticosamente componendo da giorni, incontrando tutti i leader europei.

La strada sembra tracciata

Ma almeno da parte delgli Stati Uniti la strada sembra tracciata: non a caso contemporaneamente alle dichiarazioni della Casa Bianca democratici e repubblicani hanno fatto sapere di aver raggiunto un accordo per vietare le importazioni di energia russa negli Stati Uniti e sospendere le relazioni commerciali con Mosca e Minsk per la crisi ucraina.

L’intesa, raggiunta dai presidenti delle Commissioni fiscali di Camera e Senato, deve comunque essere approvato dalla totalità delle Camere.

La Cina e l’alleanza con la Russia

Sul piano diplomatico intanto è ancora stallo. Tutti guardano alla Cina che sembra mostrare qualche prudente segnale di movimento. “La nostra amicizia con la Russia è solida come la roccia”, premette il ministro degli Esteri Wang Yi per rendere subito chiaro l’approccio cinese, ma subito aggiunge che Pechino è pronta a fare “le necessarie mediazioni lavorando a fianco della comunità internazionale”.

L’intermediazione di Israele

Silenzio dal premier israeliano Bennett, che con la sua visita a sorpresa a Mosca aveva accesso qualche speranza. Ieri ha parlato il ministro degli Esteri Lapid assicurando che Israele continua a parlare con le parti, in coordinamento con gli Stati Uniti e l’Unione europea. Bennett infatti non avrebbe presentato a Putin alcun piano limitandosi a trasmettere messaggi tra le parti, secondo la stampa israeliana.

Ad ogni modo ha fatto sapere che Gerusalemme come luogo per un’eventuale mediazione andrebbe benissimo.

Il faccia a faccia di Antalya, in Turchia

Per la diplomazia l’appuntamento più concreto, ma ancora lontano, è quello che si svolgerà giovedì ad Antalya, in Turchia: lì si parleranno “faccia a faccia” il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e il collega ucraino Kuleba, primo vertice ad alto livello dall’inizio della guerra. Ma in mezzo ci sono ben tre giorni durante i quali sul terreno potrebbe accadere di tutto.

E Putin, come ha spiegato Draghi, è apparso determinato ad andare avanti sino in fondo. Anzi, gli ha fatto eco Macron, “la situazione peggiora di giorno in giorno”.

L’Unione europea e l’ingresso dell’Ucraina

L’Unione europea intanto, attraverso il presidente del Consiglio Charles Michel, ha fatto sapere che nei prossimi giorni i 27 si riuniranno per valutare la richiesta di Kiev di entrare nella Ue. Un passaggio che sembra più simbolico che concreto. Mentre l’Ungheria si distingue nell’approccio e fa sapere di aver emanato un decreto che vieta il trasferimento delle armi in Ucraina attraverso il proprio territorio. Il premier Viktor Orban ha anche annunciato un incontro dei Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) domani a Londra. 

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