La congiuntura chiude l’anno su una tendenza di lieve miglioramento. La ripresa del commercio mondiale è risultata più robusta di quel che si prevedeva e, di riflesso, la dinamica del nostro export è apparsa migliore delle previsioni. Al contempo, gli indicatori qualitativi sono in rialzo negli ultimi mesi.
La fiducia è tornata a salire nella manifattura, nei servizi e nel commercio al dettaglio, mentre i manager responsabili degli acquisti segnalano, in ottobre-novembre, l’esaurimento della fase di contrazione nell’industria e il rafforzamento di quella espansiva nei servizi.
La congiuntura del settore delle costruzioni sembra recentemente essersi attenuata, ma l’accelerazione delle spese legate al Pnrr continua a fornire uno stimolo determinante.
Le più favorevoli indicazioni qualitative stentano a tradursi in “dati hard” univocamente positivi – la produzione industriale, dopo il forte balzo di settembre, è tornata a ridursi in ottobre – ma vanno lette per il segnale positivo che forniscono circa la tendenza a breve termine, ossia con riferimento alla chiusura del 2025 e ai primi mesi del prossimo anno.
Nell’insieme, queste informazioni non sembrano in grado di migliorare le previsioni sull’Italia, ma porterebbero ad escludere, sulla base delle correnti informazioni, gli scenari peggiori che pure si erano affacciati in alcune valutazioni.
Così, nel 2025 il Pil si appresta a crescere dello 0,5%, come previsto dal Mef e dalle stime di consenso. Nel 2026, potrebbe anche aversi un filo in più dello 0,7-0,8% attualmente previsto (Mef e consenso).
Rispetto alle precedenti stime, si dovrà probabilmente rivedere la composizione della crescita, riconoscendo la maggiore spinta dell’export, compensata da andamenti più moderati della domanda totale interna.
La congiuntura resta comunque fragile, essendo esposta a rischi soprattutto di fonte internazionale. Ulteriori inasprimenti delle barriere commerciali, nuove tensioni geo-politiche e l’eventuale sgonfiamento della fase di euforia che sta trainando gli investimenti in IA (fattore chiave della tenuta Usa) porterebbero a deterioramenti più o meno intensi dell’attuale scenario.








