“La democrazia italiana – scrive Michele Ainis su Repubblica – è ormai un corpo essiccato”. “Una finzione. E allora perché mai dovremmo crederci? Difatti – continua Ainis – il teatro si sta svuotando dei propri spettatori. Ci allarmammo, propagando alti lamenti, quando la partecipazione crollò al 60 per cento del corpo elettorale. Adesso viaggia poco sopra il 40 per cento.”
“Tuttavia l’astensionismo è l’effetto della crisi, non la sua scaturigine. Le cause dipendono dal senso d’impotenza che ti morde alla gola quando scopri che il copione è già tutto scritto, e a te resta soltanto d’applaudire.”
“Questo è il tempo della disintermediazione, che ha messo in crisi tutti i gruppi sociali dei quali facevamo parte — la scuola, il quartiere, l’oratorio, la fabbrica, il partito. Ed è un tempo digitale, nel quale ogni attività della nostra esistenza — il lavoro, la corrispondenza, gli acquisti, le riunioni — si svolge attraverso lo schermo d’un computer.”
“Sicché è questa l’urgenza che ci attende. Dobbiamo ricostruire una democrazia bene ordinata, in cui ciascuno s’attenda al proprio ruolo, senza invadere le competenze altrui. Una democrazia responsabile, fondata sull’accountability, sul rendere conto dei fatti e dei misfatti; e con meccanismi che la rendano cogente, dato che alle nostre latitudini, dal Garante della privacy in giù (o in su), non si dimette mai nessuno.”
“Sarebbe prezioso, per esempio, l’antico istituto del recall — ossia la revoca degli eletti immeritevoli, attraverso un referendum personale indetto in corso di mandato — che tutt’oggi trova applicazione in mezzo mondo, dalla Svizzera agli Stati Uniti, dal Canada al Giappone.”
“E infine dobbiamo usare l’innovazione digitale contro sé stessa, contro la sua vocazione autoritaria. Come? Rafforzando il referendum e consentendo il voto online in ogni consultazione elettorale, come avviene in Estonia e in varie altre contrade.”
“Ma per rinvigorire la democrazia italiana non serve una Costituzione tutta nuova. Serve piuttosto prendere sul serio il suo principio fondativo: la sovranità popolare”.








