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Il virus rischia di far chiudere 270mila imprese

Rischio chiusura e non momentanea, ma definitiva anche alla fine dell’incubo Covid. L’allarme è quello lanciato dall’Ufficio Studi Confcommercio che ha stilato un rapporto riguardante l’impatto della pandemia sulle imprese del terziario, questo mentre il  Cerved calcola che nell’intero 2020 andranno in fumo tra i 348 e  i 475 miliardi di fatturato e  tra i 161 e i 196 miliardi nel  2021 rispetto alle tendenze previste prima del Covid19. Unico spunto incoraggiante arriva dalla maggiore predisposizione in termini di flessibilità. Alla chiusura precauzionale per l’emergenza sanitaria, una impresa su quattro sembra essere arrivata preparata. Il 24,6% delle imprese italiane, infatti, ha  investito nell’adozione di sistemi di smart working per innovare  il proprio modello organizzativo aziendale tra il 2015 al 2019. 

Il dato che emerge dal bollettino annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, è cresciuto rispetto al 2018 del 23,5%. Ma in generale, quello che si prefigura per il tessuto dell’economia è un colpo pesantissimo che  potrebbe sfociare  anche in  scenari peggiori, tenuto conto che – come cita l’analisi di Confcommercio –  si tratta di stime  “prudenziali”.  Le previsioni sulla mortalità delle imprese  potrebbero  infatti rivelarsi anche più elevate. Questo, si legge dal rapporto di Confcommercio  perchè, oltre  agli effetti economici derivanti dalla sospensione delle  attività va  considerato anche il rischio dell’azzeramento dei ricavi a causa della mancanza di domanda e dell’elevata  incidenza dei costi fissi sui costi di esercizio totali che, per  alcune imprese, arriva a sfiorare il 54%.

Stesso rischio anche per le imprese di quei settori non sottoposti alle regole del lockdown.   Su un totale di oltre 2,7 milioni di imprese del commercio al  dettaglio non alimentare, dell’ingrosso e dei servizi – spiega il rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio –  quasi il 10% è, dunque, soggetto ad una potenziale chiusura  definitiva.

I SETTORI PIÙ COLPITI
Gli ambulanti, i  negozi di abbigliamento, gli alberghi, i bar e i ristoranti e le  imprese legate alle attività di intrattenimento e alla cura  della persona. Mentre, in assoluto, le perdite più consistenti  si registrerebbero tra le professioni (-49 mila attività) e la  ristorazione (-45 mila imprese). Per quanto riguarda la  dimensione aziendale, il segmento più colpito sarebbe quello  delle micro imprese, con 1 solo addetto e senza dipendenti, per le quali basterebbe solo una riduzione del 10% dei ricavi  per determinarne la cessazione dell’attività.  Nel dettaglio, dai calcoli del Cerved emerge che nel 2020 la perdita  di fatturato oscilla tra un  -12,7% e -18%  rispetto al 2019. Un  andamento che  implica cadute del Pil  quest’anno comprese tra  -8,2% e -12%.  E se nel 2021 e’ previsto un rimbalzo  dell’economia tuttavia non si tornerebbe  ai livelli pre-crisi – si legge nel report –  “con i ricavi che rimarrebbero tra il 2,9% e il 4,3% al di sotto  di quelli del 2019”.

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