I missili russi sulla popolazione inerme della città di Sumy, che si recava alla messa nella Domenica delle Palme, segnalano che la pace in Ucraina è ancora molto lontana.
Quattro ore di colloqui del plenipotenziario del presidente Trump, Witkoff, con Putin non sono bastate a sbloccare la situazione, né il Presidente russo sembra impressionato dalle minacce di sanzioni da parte di Trump, sempre meno credibile anche alla luce del suo comportamento sui dazi prima imposti e poi sospesi.
La realtà è che Putin tiene in pugno Trump che ha svuotato il negoziato dei principali contenuti ancor prima dell’inizio di ogni trattativa.
Lo Zar sogna una tripartizione dell’Ucraina (nuove regioni della Russia, Stato ucraino filo-russo, regioni contese il cui status sarebbe da definirsi negozialmente).
Nella sua ottica l’Ucraina è destinata a divenire uno stato fantoccio o un fedele alleato come la Bielorussia di Lukaschenko.
Ma l’idea di una spartizione dell’Ucraina serpeggia anche alla Casa Bianca, come dimostra l’agghiacciante proposta (poi in parte smentita di fronte alle vibranti proteste ucraine) dell’inviato speciale Kellog di dividere l’Ucraina in tre zone di occupazione (franco-britannica, russa, ucraina) secondo il modello Germania 1945.
La superficialità con cui agisce l’Amministrazione americana, lascia poche speranze circa la possibilità di raggiungere a breve un accordo nemmeno per una tregua.
Continuano i negoziati con la mediazione turca per la sicurezza della navigazione nel Mar Nero.
Altro regalo alla Marina russa di Putin, che ha subito le maggiori perdite a causa degli attacchi mirati ucraini.
Per il resto i negoziati sembrano essersi arenati, mentre Putin ne approfitta per rafforzare la sua posizione sul terreno, nella convinzione di poter raggiungere l’obbiettivo di una capitolazione del governo di Kiev guidato da Zelensky.








