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Il governo è assediato dai poteri deboli | L’analisi di Mario Sechi

Mario Sechi su Libero analizza quello che definisce “l’assedio al governo dei poteri deboli”: “L’opposizione al governo – scrive il direttore – non è in Parlamento. Schlein e Conte non sono in grado di giocare questa partita da soli, Elly e Giuseppe sono soltanto le pedine di altri soggetti che muovono i pezzi sulla scacchiera, preparano lo schema e suggeriscono le mosse.

Non c’è niente di invisibile, è tutto esposto: l’élite è antimeloniana, detesta le forze popolari; la finanza è senza patria al punto che le banche nell’anno degli utili record (43 miliardi) quando si è trattato di dare un contributo straordinario al paese hanno fatto le barricate (con la sola eccezione di Intesa); i mandarinati della magistratura e dell’alta amministrazione sono irresponsabili, autoreferenziali, monolitici, ostili a Palazzo Chigi; l’università non è riformabile con un colpo di bacchetta, è una questione di apertura dei cervelli, ci vogliono trent’anni e un ricambio culturale che non c’è.

Che resta? La Chiesa, certo, ma alla Cei – sottolinea Sechi – è arrivato Matteo Zuppi e la linea ‘zuppista’ dei vescovi si preoccupa più dell’otto per mille che della comunità dei cattolici presa d’assalto dalla religione woke. C’è altro? Il quarto e il quinto potere, la stampa, la televisione, il variopinto mondo dell’entertainment. Elly ha mille tribune a disposizione (e il centrodestra in Rai non ha un solo programma di approfondimento di cultura giornalistica conservatrice), ma non sa come usarle e al limite si fa usare (in)consapevolmente. Con questo arsenale, non c’è nemmeno bisogno di citare il Pd, l’importante è demolire chi guida Palazzo Chigi e l’intendenza seguirà.

È un gioco raffinato che fa sponda con le ramificazioni internazionali del club: i giornali progressisti all’estero scrivono contro Meloni (elenco lungo, ne cito solo quattro: Le Monde, Guardian, Economist, New York Times), le agenzie di stampa riprendono la ‘notizia’ che poi compare sui monitor di giornali, radio e televisioni e… oplà, il gioco è fatto. A questi giganti dell’informazione bisogna aggiungere i grandi magazzini delle notizie finanziarie, il gruppo Financial Times, Bloomberg e Reuters che leggono, frequentano e ascoltano fonti che fanno parte sempre dello stesso circo che – conclude – la vittoria di Meloni ha preso in contropiede”.

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