E se a dirlo è proprio l’Inps, c’è da crederci. Lo ha affermato, infatti, Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’ente pensionistico italiano. “I ritardi nel pagamento della cassa integrazione? Una tempesta ampiamente prevedibile. La differenza tra le domande presentate e quelle autorizzate o respinte è di 81 mila – ha continuato – se si considera che ogni azienda ha in media 10 dipendenti, si arriva a oltre 800 mila lavoratori, che si aggiungono ai 134 mila indicati da Tridico. Ritengo poi – ha continuato – che sia sbagliato non considerare le difficoltà di chi ha ricevuto il solo pagamento di marzo, ed è in attesa dei mesi successivi. Per cui Tridico dice una cosa corretta dal punto di vista amministrativo, ma sbagliata dal punto di vista sociale. La nostra preoccupazione è che per esaurire questo enorme bacino di persone in attesa ci voglia troppo tempo”.
”Il problema è che, di fronte a una emergenza drammatica, si è pensato di far fronte a una situazione di guerra con procedure che non funzionavano benissimo neanche in “tempo di pace – ha spiegato Loy – Oltre alla questione della Cig in deroga, c’è anche il fondo di integrazione salariale, per le aziende non industriali con oltre 5 dipendenti, che in tempi normali richiedeva per lo sblocco della pratica dai 180 ai 200 giorni. Noi avevamo chiesto più volte di cambiare la procedura, non siamo stati ascoltati e con il Covid sono arrivate 270 mila domande per quattro milioni e mezzo di lavoratori. È molto probabile – ha detto – che il 60% delle domande ancora non esaminate riguardi proprio il Fis”.
“Inoltre – ha sottolineato Loy – le sedi sono state chiuse dalla sera alla mattina, non tutti avevano gli strumenti. Ci tengo a sottolineare, comunque, lo sforzo straordinario del personale Inps. Mi chiedo anche però se questi problemi, oltre a quelli legati alle procedure, siano stati posti correttamente al legislatore dai vertici dell’Inps. Oppure ci sia stata una sottovalutazione, da parte dell’Istituto. Anche adesso, leggo che Tridico ipotizza la gestione, da parte dell’Inps, delle politiche attive del lavoro. Servirebbe invece essere più sobri, e realistici, e avere una comunicazione coerente nel tempo, evitando di promettere cose che non si possono mantenere”.








