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Fed e Bce alla sfida tassi. Le decisioni di fine anno delle banche centrali | L’analisi di Marcello Messori

La banca centrale statunitense (Fed) e quella europea (Bce) assumeranno, nei prossimi giorni, le decisioni di politica monetaria che concluderanno il 2025.

La mia previsione è che, riproducendo le scelte già effettuate nelle due riunioni di settembre e ottobre, la Fed taglierà di altri 25 punti base i tassi di interesse di policy; inoltre, essa allenterà l’offerta quantitativa di moneta.

Considerando i presumibili tassi attesi di inflazione e di crescita economica che saranno comunicati sempre nella riunione di domani, queste due scelte avvicineranno la politica monetaria statunitense alla neutralità e fugheranno i timori dei mercati rispetto a vincoli stringenti di liquidità.

La mia previsione riguardo alle decisioni che la Bce assumerà fra una settimana, è viceversa che né i tassi di interesse di policy né le scelte quantitative subiranno significative modifiche.

Pertanto, date anche le recenti valutazioni macroeconomiche elaborate dalla Commissione europea, l’intonazione della politica monetaria nell’area dell’euro rimarrà neutrale.

Tali previsioni possono apparire positive perché suggellano il superamento delle tensioni inflazionistiche e non pongono barriere alle politiche espansive di bilancio.

Inoltre, esse fugano il timore di una persistente divaricazione fra le scelte monetarie delle due banche centrali, che avrebbero introdotto ulteriori elementi di instabilità nei cambi fra dollaro ed euro e nel connesso commercio internazionale.

La mia interpretazione è che si tratti, invece, di previsioni negative perché invertono le scelte che la Fed e la Bce dovrebbero effettuare per tenere sotto controllo i processi inflazionistici senza deprimere i potenziali di crescita delle loro aree di appartenenza.

Gli Usa stanno, infatti, accentuando i loro già gravi squilibri macroeconomici anche a causa di politiche fiscali distorte e troppo espansive; pertanto, la politica monetaria della Fed dovrebbe fungere da freno per la stabilizzazione.

Di contro, considerata l’imminente fine degli stimoli alimentati dai ‘Piani nazionali di ripresa e resilienza’ specie in paesi a bassa crescita e preso atto dell’ancoraggio dei tassi di inflazione al 2%, l’area dell’euro necessiterebbe di politiche economiche espansive che non possono essere affidate a opzioni nazionali; pertanto, la Bce dovrebbe accelerare l’allentamento monetario.

La mia conclusione è che, mai come in questo caso, spero che le mie previsioni si rivelino errate.

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