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Barbara Floridia, presidente Commissione Vigilanza Rai: “Più informazione libera non è detto che corrisponda a più verità perché circolano molte più fake news”

Barbara Floridia, presidente Commissione Vigilanza Rai, è intervenuta agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 29 e 30 novembre 2024 a Bologna.

Ecco un estratto del suo intervento al panel centrato sul tema “Sistema informativo e libertà di espressione: i fondamentali diritti in gioco“, moderato dal giornalista Pierangelo Sapegno.

“Sapere perché l’Italia è a questo stadio di difficoltà rispetto all’informazione e alla libertà di informazione significherebbe avere anche la risoluzione. Di certo io vorrei un attimo contestualizzare perché anche io ho una mia idea però volevo con voi ragionare. Spesso noi leghiamo il diritto di libertà di stampa al diritto di chi dall’altra parte deve appunto poter avere la verità o le verità e non sono sempre le due cose connesse, tutt’altro.

E questo dobbiamo dircelo perché più informazione libera non è detto che corrisponda a più verità, anzi in questa giungla dell’informazione spesso invece la verità o ciò che è anche a livello editoriale recuperabile quindi tracciabile è più difficile da avere.

Questo giusto per contestualizzare in quale giungla stiamo vivendo e quanto poco valore si dia alla cultura dell’informazione. Il giornalismo è roba seria e forse è stato svilito anche dal punto di vista proprio culturale e invece abbiamo necessità di giornalisti che anche eticamente sappiano fare buon uso delle leggi, che poi possono essere certamente migliorate per poter punire chi invece abusa della propria facoltà di lavorare e quindi di spacciare una notizia solo perché può vendere più foto.

L’etica è anche un valore che declina poi le leggi che in Italia esistono a difesa dei giornalisti, per me categoria fondamentale, io appartengo a un partito che è stato mediaticamente bullizzato anche spesso con falsità però funziona così. I giornalisti a volte esagerano però vanno assolutamente protetti, allora secondo me noi abbiamo nel campo giornalistico per esempio molto precariato e questo va risolto come tema, perché è una categoria che non sempre ha tutele adeguate.

Poi c’è il campo giuridico, quindi ci sono norme che mettono in difficoltà spesso comunque i giornalisti. In Italia noi abbiamo addirittura avuto un intero partito che ha addirittura denunciato un giornalista. Queste sono delle unicità che accadono assolutamente solo in Italia e mettono in difficoltà certamente il giornalismo libero e la presenza della criminalità che mette a rischio moltissimi giornalisti. Noi abbiamo tantissimi giornalisti che vivono sotto scorta perché molti di loro hanno avuto il coraggio e la forza di raccontare di denunciare chiaramente verità scomode.

Oltre la cultura prima dell’informazione permettetemi di dire che a mio avviso bisognerebbe anche fare e qui posso anche sottolineare un mea culpa dal punto di vista del percorso di maturazione politica rispetto alle risorse. Io credo che l’informazione di qualità abbia bisogno di risorse, l’informazione di qualità ha bisogno – come per esempio nel giornalismo d’inchiesta – di risorse importanti e di tempi lunghi e questo dobbiamo concederlo.

Anche per me il taglio per esempio alle intercettazioni è una norma assolutamente sbagliata perché chiaramente così come dal lato giuridico anche dal punto di vista giornalistico molte volte il tempo e quindi la possibilità di indagare poi svela delle verità che aiutano i cittadini a rendersi conto appunto di chi hanno di fronte o al governo.

Da questo punto di vista il Parlamento può fare tanto, deve anche proporre qualcosa a livello europeo. Da poco con la Commissione di Vigilanza abbiamo promosso gli Stati Generali del Servizio Pubblico.

Parlo per quanto riguarda per esempio il servizio pubblico che ha una grande sfida davanti, quella di poter alfabetizzare digitalmente la nostra popolazione per creare quegli strumenti affinché davanti alle fake news, davanti ad un mondo sempre più digitalizzato abbia appunto gli strumenti per interpretare e anche gli strumenti per difendersi dalle fake news, che ci sono sempre state.

La grande differenza storica è che adesso queste false notizie, queste mezze verità, queste notizie che sono chiaramente di dubbia provenienza circolano sul web con una velocità esponenziale e con una diffusione anche esponenziale. I cittadini hanno difficoltà nel difendersi, nel proteggersi, quindi c’è una velocità incredibile di diffusione. Non soltanto, c’è anche un momento diverso nel quale i cittadini si trovano di fronte alle fake news, non è più il tempo nel quale il cittadino fermo davanti a un telegiornale o fermo davanti a un giornale si approccia con quel pensiero critico perché sa che sta per leggere o per ascoltare un’informazione, quindi ha un filtro cognitivo diverso, ma spesso nel mondo digitale le notizie quindi anche le fake news arrivano con le difese cognitive abbassate perché magari sui social si vedono anche dei microvideo di intrattenimento.

Questo è stato studiato da esperti e quindi le fake news non soltanto per la velocità e l’accelerazione dei tempi e dei social, ma anche per la modalità nella quale arrivano nelle nostre teste, nelle nostre mani con i telefonini hanno una capacità pervasiva maggiore.

Questo come si combatte? Si combatte con una nuova alfabetizzazione, con la consapevolezza, quindi abbiamo fatto un appello ad altri servizi pubblici europei che stanno accogliendo la nostra richiesta perché il servizio pubblico oggi ha questa grande sfida, può alfabetizzare i cittadini europei per difendersi da queste difficoltà nella nuova vita on life come oggi si chiama, questa vita che viviamo a metà tra il reale, l’analogico e il digitale.

Bisogna stanziare risorse per implementare l’educazione digitale anche nelle scuole con esperti in modo da unire servizio pubblico e scuole affinché i nostri cittadini possano in qualche modo avere questi strumenti”.

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