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[L’Intervento] Angelica Donati (Presidente Ance Giovani Lazio): «Donne, giovani e innovazione tecnologica. Ecco i driver della ripartenza»

I RELATORI

Angelica Krystle Donati, Ceo di Donati Immobiliare Group e presidente ANCE Giovani per la Regione Lazio, ha rilasciato in esclusiva all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia alcune dichiarazioni nel webinar dal titolo “I fattori di competitività delle imprese su cui investire”. L’evento, moderato da Paolo Peluffo, segretario generale CNEL, ha visto tra gli ospiti anche Niko Romito, Chef tre stelle Michelin, Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS, e Pasquale Tridico, presidente dell’INPS.

“I tre temi principali che tratterò sono legati all’innovazione, al ruolo delle donne e al ruolo dei giovani.

Partirei dal ruolo delle donne. Purtroppo in Italia abbiamo un disavanzo enorme anche rispetto alla media europea, l’Italia è il penultimo paese in Europa per quanto riguarda l’occupazione femminile, meglio solo della Grecia. La media dell’occupazione femminile in Europa è del 67,7%, con un picco del 73% in Germania, invece in Italia lavora il 49% delle donne. C’è uno studio fatto da McKinsie che ci fa capire quanto grosso è lo spreco delle nostre risorse, perché ricordiamoci che comunque le donne sono comunque il 50% della popolazione, e quindi non valorizzando il 50% delle nostre risorse stiamo riducendo del 50% le nostre capacità di crescita. Se l’Italia fosse solo in grado di raggiungere la media europea, quindi non il picco della Germania, ma la media europea, il nostro PIL annuale crescerebbe di 88 miliardi, che è un dato non di poco conto.

La pandemia purtroppo ha avuto un peso maggiore sui ruoli femminili sia per il tema che comunque dovendoci reinventare il nostro modo di vivere e lavorare, come per i figli in DAD, dovendo scegliere spesso sono state le donne a dover scegliere tra il ruolo lavorativo e la famiglia. Inoltre i settori più “femminili” come quello dei servizi sono quelli che hanno sofferto di più a causa del Covid, infatti il 70% dei posti di lavoro persi durante la pandemia sono posti femminili.

In Italia abbiamo ancora un fattore culturale che ci porta ad avere ancora molto molto da fare per raggiungere la parità di genere e costruire un welfare a favore delle donne che sia in linea con gli esempi migliori che abbiamo e che ci vengono dal Nord Europa. In Italia solo il 4% degli Amministratori Delegato sono donne. Lo abbiamo visto anche in questo governo che comunque è un governo molto moderno, ma ci sono pochi ministri donne rispetto ai ministri uomini. L’Italia sta pagando questa mancanza culturale di inclusione femminile nel mondo del lavoro.

Nel mio settore, poi, quasi il 94% degli addetti ai lavori nelle costruzioni sono uomini. La cosa che mi conforta è che visto che la maggior parte delle imprese di costruzioni sono imprese familiari e gli imprenditori alla fine hanno figli e figlie, nella mia generazione sto vedendo molte ragazze, molte donne, prendere in mano l’impresa di famiglia e quindi un po’ spezzare questo trend di esclusione di genere da una categoria. C’è però spazio ancora per fare molto.

Passando al tema dei giovani, noi siamo purtroppo un paese che sta invecchiando e sta invecchiando per una serie di motivi. Il calo della natalità è legato in parte a quello che dicevo prima, perché una donna che deve scegliere tra la famiglia e la carriera potrebbe scegliere una carriera e non avere quindi una famiglia. Chi vuole mettere su famiglia, tende a farlo più tardi, perché comunque non ci sono le condizioni economiche e i supporti per farlo, e ha quindi meno figli. Ricordiamoci che l’Italia è il secondo paese più anziano al mondo, dopo il Giappone.

Il modo per invertire questo trend potrebbe essere quello di investire in politiche di welfare familiare, ma anche di investire sui nostri giovani a 360° per disincentivarli a partire. Infatti noi abbiamo un paradosso qui in Italia, abbiamo degli atenei di livello eccelso, i nostri laureati sono ricercatissimi in tutto il mondo, noi li formiamo a spese pubbliche, perché comunque le migliori università sono pubbliche, e poi li mandiamo via. In Cina fanno esattamente il contrario, mandano i ragazzi a studiare nelle migliori università in giro per il mondo, fanno assorbire loro i migliori insegnamenti e poi li riportano indietro, dandogli opportunità di crescere, di guadagnare e di mettere a frutto quello che hanno appreso.

Noi stiamo fallendo con i nostri giovani, bisogna trovare i meccanismi per incentivare il mercato del lavoro per i giovani in Italia, piuttosto che vederceli scappare. Riporto un esempio nel mio settore, dove c’è una crisi generazionale enorme, l’età media degli addetti ai lavori è di più di 50 anni e il 50% del nostro personale andrà in pensione nei prossimi 10 anni. I giovani non vogliono fare questo mestiere, lo considerano un mestiere logorante, sporco, poco incentivante, mentre invece è un settore che offre tantissime opportunità.

Il terzo fattore di competitività di cui volevo parlare è l’innovazione tecnologica, anche il mio settore si sta svegliando in tal senso. Non possiamo pensare ad una crescita futura se non la vediamo in un’ottica 4.0 e l’italia, in confronto ad altri paesi, è uno dei paesi che sta più indietro. Nel mio settore poi il ritardo è ancora più forte. Bisogna investire anche in innovazione di processi e di prodotti, in un settore tradizionale come quello delle costruzioni, sia per aumentare le efficienze, ed è uno dei motivi per cui il nostro settore è stato considerato nel tempo poco appetibile, ma anche per creare un ambiente di lavoro che sia in linea con i tempi, non è più pensabile mandare la gente a lavorare a 40° all’ombra manualmente in strada.

Ora le strade si fanno in maniera industrializzata, e questo è un messaggio che non siamo ancora stati bravi a passare alle nuove generazioni. Quando si pensa di andare a lavorare nell’edilizia si pensa di andare a rompersi la schiena. Noi nel nostro settore cerchiamo in realtà dei tecnici specializzati, per esempio i geometri sono una razza in via di estinzione, pur se molto richiesti e molto ben remunerati.

Credo che bisogna investire sull’informazione ma anche sull’awarness dei giovani che si possono ottenere nei settori come il mio.

Noi siamo in un momento di svolta storica, è vero che l’Italia sta ripartendo più della media europea, ma è anche vero che stiamo partendo da una base molto più bassa e quindi la strada è molto più in salita. Il Recovery è una grandissima opportuna, non solo per i miliardi che arriveranno e che male non fanno, ma per lo stimolo che ci deve dare a rivedere come lavoriamo. Parlo particolarmente del rapporto tra pubblico e privato, perché abbiamo 5 anni per spendere i soldi, per metterli non solo in cantiere, ma per rendere operative tutte le opere che andremo a realizzare con questi fondi.

Mi sento di dire che non siamo ancora arrivati a un giusto equilibrio tra pubblico e privato, e parlo soprattutto per il mio settore, ma lo possiamo vedere in tanti altri, viviamo ancora di eccessi di burocrazia Si stanno cercando di risolverli e il Governo sta lavorando in questa direzione con gli ultimi due decreti semplificazioni. Credo che l’incentivo dei fondi del Recovery sia abbastanza forte da portare a una semplificazione che da decenni aspettiamo.

Parlando per le imprese tutte, dico che noi non vogliamo una piena deregulation, noi vogliamo regole che siano chiare, siano applicate trasversalmente a tutti, non vogliamo un dedalo burocratico, ma non vogliamo neanche un “liberi tutti”.

Credo che questi fondi che stiamo spalmando sui vari progetti e che si concentrano soprattutto sul green e sulla digitalizzazione potranno dare finalmente al nostro paese una spinta di ripartenza anche demografica. In Italia, se una donna lavora non fa figli. All’estero, io ho lavorato tanto tempo in Gran Bretagna, più una donna lavora e più ha le risorse per far crescere la propria famiglia. Dobbiamo creare questo circolo virtuoso che porti ad una crescita di ricchezza e anche a una crescita demografica”.

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