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Luigi Abete (presidente Civita cultura holding e Aicc): «Il mondo ha bisogno di creatività e cultura: servono anche imprese italiane»

Sulla collaborazione fra pubblico e privato nel mondo della cultura «non sono stati fatti passi avanti, ma solo dei grandi passi indietro». Lo ha affermato Luigi Abete, presidente di Civita cultura holding e dell’Associazione imprese culturali e creative di Confindustria (Aicc), nel corso degli Stati Generali per la cultura organizzati dal Sole 24 Ore.

«Ho sentito il ministro Franceschini» spiega Abete «dirsi lieto delle donazioni che le imprese fanno, che in qualche misura dovrebbero diventare obbligatorie», per il meccanismo che Franceschini ha ricordato come give back: restituzione di una parte dei vantaggi che l’impresa ha dall’essere italiana e rappresentante del made in Italy nel mondo.

«Ho sentito anche dire che la collaborazione fra pubblico e privato può essere solo nelle fondazioni, un soggetto no profit», e che «non si fanno utili con i beni culturali», tutti sintomi secondo Abete di «una logica statalista preoccupante». L’Italia si trova davanti alla «occasione del Pnrr, lo sviluppo dei borghi, dei nuovi servizi. Ma questo solo se siamo in grado di qualificare da un lato la domanda dei cittadini che vengono in Italia e dall’altro l’offerta».

«Tutti sappiamo che lo Stato deve esercitare un ruolo di indirizzo e controllo, ma non di gestione. Il terzo settore non può essere usato impropriamente per sostituire lavoratori dipendenti pubblici o privati in modo da sfruttare la situazione di disagio dei volontari. Se non fosse lo Stato, ma se a fare queste scelte fossero altri, relativamente ai lavoratori nelle campagne, si parlerebbe di caporalato. Vogliamo ammettere il caporalato di Stato?».

«Il mondo ha bisogno di creatività e cultura» dice «e se vogliamo svilupparli occorre una pluralità di attori. Le imprese sono un attore a tutto tondo e con pieno titolo. Se non si faranno crescere le imprese italiane, cresceranno solo quelle internazionali. Che poi verranno in Italia e occuperanno gli spazi lasciati liberi, un’ovvietà visibile ed evidente a tutti», ha concluso Abete. 

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