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Vale più la realizzazione del programma elettorale o l’equilibrio tra i poteri? | L’analisi di Marcello Sorgi

Marcello Sorgi sulla Stampa commenta la vicenda dei migranti in Albania con lo scontro tra governo e magistratura e sottolinea che “la vera questione, che Meloni ha posto duramente, ma anche con estrema franchezza, fin dal primo momento dopo l’ordinanza della magistrata romana, e il presidente del Senato La Russa, solo apparentemente in termini più moderati, ha rimesso sul tavolo ieri con un’intervista a Repubblica, è questa: il governo di destra-centro, che ha vinto le elezioni sulla base del suo programma sottoposto agli elettori, ha diritto o no di attuare questo programma, senza che altri poteri dello Stato lo ostacolino ogni qual volta le scelte dell’esecutivo contrastano con lo status quo?

E se il potere che disturba l’azione del governo è la magistratura fino a che punto i magistrati possono spingersi contro l’esecutivo, per non trasformarsi in un’altra forma di opposizione, diversa da quella presente in Parlamento, ma non eletta e non portatrice di consenso popolare?

In altre parole – osserva l’editorialista – quando si presenta un conflitto fra governo e giudici, i secondi devono o no sottomettersi alla volontà popolare?

Posta in questi termini, la risposta alla domanda non può che essere «no».

Si può discutere sul fatto che l’indipendenza della magistratura sia o sia diventata eccessiva; che ci sia o ci sia stata in qualche caso (non in quello della giudice Albano, o almeno non dichiaratamente) l’intenzione di colpire il governo, non solo questo, ovviamente.

La storia trentennale dei rapporti tra politica e magistratura dopo Tangentopoli è piena di episodi di questo genere.

C’è inoltre una crescente politicizzazione delle toghe, alla quale non si riesce a porre rimedio.

Eppure il grosso dell’operato della magistratura è ancora ordinato e disciplinato.

Così che forse si può riproporre la domanda uguale e capovolta: può il governo, con l’ausilio della propria maggioranza in Parlamento, provare a sottomettere la magistratura, per porla in posizione subordinata alla propria politica e al proprio programma e limitarne via via lo spazio d’azione?

Anche stavolta, in termini di principi costituzionali, di codici e pandette, non potrebbe.

Ma può, in effetti, anche a costo di qualche forzatura?

Qui la risposta diventa più complicata, e riporta alle recenti reazioni della premier e del presidente del Senato.

Meloni non lo ha detto, ma ha posto la questione della realizzazione del programma senza ostacoli di qualsiasi natura, a partire da quelli giurisdizionali delle sentenze”.

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