Nella media del 2024, le famiglie italiane hanno pagato il 5% in più della media dell’eurozona, il 26% in più di una famiglia spagnola e l’8% in più di una francese. Solo in Germania negli ultimi anni, venuto meno il gas a buon mercato dalla Russia, i prezzi sono risultati leggermente più alti che in Italia.
La differenza a sfavore dell’Italia è ancora più marcata se si considerano le imprese. Per una PMI industriale il prezzo dell’energia elettrica è il 10% in più della media dell’Eurozona, il 22% in più della Francia e un considerevole +57% rispetto alla Spagna.
Nel confronto con gli altri paesi pesano il costo della materia prima perché nucleare e rinnovabili hanno costi marginali inferiori a quelli del gas, e, soprattutto, gli oneri generali di sistema. Fra questi ultimi, la componente più pesante è quella legata all’incentivazione per le rinnovabili: il loro costo in Italia è circa 25 volte quello della Spagna e 15 volte quello della Germania; in Francia le rinnovabili non sono finanziate a carico della bolletta elettrica, ma sono a carico della fiscalità generale.
Si potrebbe fare come in Francia. Un modesto aumento di un’imposta come l’Irpef sarebbe meno distorsiva degli oneri in bolletta che sono pur sempre una tassa e rappresentano un handicap pesante per la competitività delle imprese, oltre ad avere effetti probabilmente regressivi sulle famiglie perché sfuggono alla progressività dell’Irpef.
Dato che in Italia vi è una maggioranza di politici allergici alle tasse, forse la chiave per cambiare un po’ le cose è cambiare il linguaggio per dire come stanno davvero le cose. I cosiddetti oneri generali di sistema sono una tassa, nient’altro che una tassa, soltanto una tassa.








