«Mi fa un effetto da brivido, perché mi sento di entrare a contatto con la storia di questo paese, e percepisco una grande responsabilità». Lo afferma in un’intervista al Corriere della Sera Maria Chiara Carrozza, prima donna a prendere posto alla guida del Cnr, alla scrivania che fu di Guglielmo Marconi.
«Mi sono emozionata, ho sentito una grande accoglienza da parte dello staff, ma avvertivo la presenza virtuale di migliaia di ricercatori a fianco a me che mi studiavano per capire le mie mosse, per sapere come avrei guidato il Cnr. Mi sono resa conto di quel che stavo facendo, entrare al Cnr…».
Intelligenza artificiale e robot cambieranno il mondo come è avvenuto con le telecomunicazioni di Marconi? «La robotica, l’intelligenza artificiale e la trasformazione digitale cambieranno il mondo, e noi ricercatori siamo parte di questa spinta al cambiamento, abbiamo il dovere morale di cercare il bene comune e l’interesse pubblico».
Come era accaduto con Francesco Profumo lei rappresenta tre mondi: accademia, politica e governance della ricerca. Non dovrebbero dialogare di più? «Profumo e Nicolais sono sempre stati un riferimento per me: li ho conosciuti da giovane Rettore e li ho sempre studiati, probabilmente loro sorrideranno a leggere queste parole, ma io sono come una scienziata della vita, studio, sperimento, modello, sbaglio, imparo, riprovo… Sicuramente scienza, politica e impresa devono dialogare di più, hanno un interesse comune: il bene dell’umanità».
Carrozza spiega quindi perché alla sua nomina ha parlato di «cambio di passo». «Mi riferivo al cambio di passo sulla percezione dell’importanza della scienza e della ricerca, ma sicuramente il simbolo di una Presidenza al femminile può dare un senso di novità, per me però questo è solo il passo iniziale, poi si inizia a lavorare tutti insieme donne e uomini per il progresso della ricerca».
Poi precisa: «Cercherò di dialogare con i sindacati e di vedere la loro prospettiva, sono ottimista e penso che dobbiamo imparare a conoscerci» e «cercherò di essere vicina alle ricercatrici e ai ricercatori e studierò per capire come essere un buon Presidente in ascolto, un primus inter pares».
Quale potrebbe essere il ruolo del Cnr nell’aiutarci a combattere la pandemia? «Il Cnr può essere lo strumento strategico del paese per sviluppare la ricerca e la competenza di cui il paese ha tanto bisogno in questo momento, dobbiamo rispondere a questa chiamata».
«C’è tantissimo ancora da fare, anche perché in Italia non c’è ancora un ambiente favorevole all’innovazione, occorre facilitare i brevetti, sostenere le certificazioni, i trial sperimentali, avere assicurazioni, strumenti legali, e metodi per garantire il passaggio da scienza in tecnologia, abbiamo la ricerca ma non abbiamo il resto. Guardiamo con sospetto chi vuole fare impresa, con mille verifiche ex ante. Non abbiamo la capacità di rendere flessibili i contratti dei ricercatori e garantire la mobilità fra ricerca fondamentale e sviluppo dell’innovazione».








