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[L’analisi] Legge sulla concorrenza: con il Pnrr un’occasione per innescare un ciclo virtuoso

Dopo la riforma della Giustizia, il governo Draghi dovrà diramare il nodo della legge sulla concorrenza prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e che doveva essere presentata entro il 31 luglio. Si tratta di un provvedimento di estrema rilevanza che, quindi, richiederà perizia e determinazione, al fine di liberare il sistema economico italiano dai tanti lacci e lacciuoli che ne rallentano la crescita.

I precedenti non inducono all’ottimismo. La legge annuale sulla concorrenza è uno strumento introdotto nel 2009 (legge n. 99/2009) per instaurare un raccordo organico con le segnalazioni e le proposte inviate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato al Parlamento allo scopo di rimuovere assetti normativi di stampo corporativo che ingessano il mercato.

Ma una legge non può impegnare future leggi. E infatti, in oltre dieci anni, la legge “annuale” è stata approvata una sola volta (legge n. 124/2017). E ciò dopo un andirivieni in Parlamento di oltre due anni che aveva via via annacquato il disegno di legge originario elaborato dal governo Renzi. Il problema strutturale delle riforme pro-concorrenziali è che hanno un impatto asimmetrico.

Da un lato colpiscono categorie ben organizzate, agguerrite nella difesa dei propri privilegi e che trovano una sponda trasversale in Parlamento. Dall’altro avvantaggiano la massa dei consumatori che però hanno poche possibilità di far sentire la propria voce. In Italia le associazioni dei consumatori non hanno generalmente una buona fama. Pur essendo a costo zero, perché si tratta solo di rimuovere vincoli normativi, le riforme pro-concorrenziali restano a palo.

Le stesse lenzuolate di Pier Luigi Bersani, ministro dello Sviluppo economico nel 2006-2007, in tema di farmacie, surroghe dei mutui, passaggi di proprietà degli autoveicoli senza notaio, eccetera, sono state in alcuni casi riassorbite. Per esempio, è stato reintrodotto per i liberi professionisti “l’equo compenso”, cioè un sistema di tariffe minime obbligatorie. La messa a gara delle oltre trentamila concessioni balneari è ancora un tabù, nonostante le sentenze della Corte di giustizia UE, della Corte costituzionale e dei giudici amministrativi e da ultimo la procedura di infrazione contro lo Stato italiano aperta dalla Commissione europea.

Il Pnrr è comunque un’occasione unica per innescare un ciclo virtuoso. Infatti, il programma Next Generation Eu presentato un anno fa e che destina all’Italia oltre 200 milioni di euro si articola in due componenti: i progetti da finanziare, in linea con sei obiettivi prefissati (transizione ecologica e digitale, inclusione e coesione, sanità, ecc.); le riforme strutturali, in linea con le raccomandazioni annuali indirizzate a ciascun Paese nell’ambito della programmazione finanziaria (il cosiddetto semestre europeo).

Le raccomandazioni inviate all’Italia nel 2019 e nel 2020 auspicavano riforme strutturali rinviate da troppo tempo, a partire da quelle della giustizia ora approvata. La prima versione del Pnrr presentata lo scorso autunno dal precedente governo era assai generica, mentre quella messa a punto la scorsa primavera dedica un capitolo intero alle cosiddette riforme abilitanti: la semplificazione normativa e amministrativa e la promozione della concorrenza.

Quest’ultima si articola in iniziative a tutto campo: revisione del regime delle concessioni idroelettriche, autostradali, di distribuzione del gas naturale; liberalizzazione della vendita di energia; riforma dei servizi pubblici locali, limitando le gestioni in-house affidate senza gara; revisione del sistema di accreditamento regionale delle cliniche private, rafforzamento del ruolo dell’Autorità Antitrust, ecc. Il disegno di legge che il governo presenterà alle Camere prossimamente renderà operative molte di queste indicazioni base, dando seguito anche a quelle contenute in una corposa segnalazione inviata dall’Autorità Antitrust.

Il percorso parlamentare non sarà facile e non è da escludere che il governo sia costretto, a un certo punto, a porre la questione di fiducia allo scopo di rispettare gli impegni con l’Europa. Un assist al governo Draghi proviene peraltro anche da oltreoceano. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha infatti emanato il 9 luglio scorso un Executive order che impegna tutte le agenzie federali a promuovere la concorrenza nell’economia americana.

Ciò sul presupposto che essa va a beneficio dei lavoratori, delle piccole imprese, degli agricoltori e di chi vuol entrare nel mercato con prodotti innovativi. In fondo, come intitolava qualche anno fa un volume di Alberto Alesina e di Francesco Giavazzi (oggi consulente di Mario Draghi), il liberismo è di sinistra

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