Christine Lagarde prende la parola a Oslo e lancia un messaggio chiarissimo: sulla transizione verde l’Europa non può permettersi passi indietro.
Una stoccata – elegante ma affilata – indirizzata alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che aveva invocato una “pausa di riflessione” sul Green Deal.
Una frenata improvvisa, dettata anche dalle pressioni di alcuni governi europei e dalle proteste di categorie economiche in difficoltà.
Ma la presidente della Banca centrale europea non ci sta.
E dalla conferenza sul clima organizzata dalla Norges Bank, la Banca centrale norvegese, difende con forza la necessità di accelerare sulla via della sostenibilità.
“Ciò che fai fa la differenza. E devi decidere quale differenza vuoi fare”, ha detto Lagarde, citando l’antropologa Jane Goodall.
E subito dopo, la sottolineatura che suona come una risposta diretta alle esitazioni della Commissione: “Sono sicura che l’Europa sceglierà saggiamente.”
Poi, il ragionamento si fa politico e sistemico.
“La recente crisi energetica europea ha rivelato una dura verità: la nostra dipendenza dai combustibili fossili importati non è più sostenibile. L’acuirsi della crisi climatica rende questa lezione ancora più chiara”, ammonisce Lagarde.
Secondo la presidente della Bce, l’unica via d’uscita è quella che passa per le rinnovabili: “Rappresentano la strada più chiara per ridurre al minimo i compromessi tra sicurezza, sostenibilità e convenienza.”
Non è solo un tema ambientale: è anche industriale, competitivo, strategico.
Perché oggi l’Europa paga, secondo Lagarde, il prezzo degli errori del passato.
“Quando il contesto geopolitico è cambiato – spiega – le conseguenze economiche sono state gravi. La nuova realtà geopolitica ha lasciato un’impronta duratura sui costi energetici dell’Europa, indebolendone la posizione rispetto ad altre regioni.”
Per questo la transizione non è più rinviabile.
Anzi, va accelerata.
Soprattutto perché le prossime sfide – su tutte l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione – richiederanno energia abbondante e a basso costo.
“La domanda di elettricità dei data center più che raddoppierà entro il 2030. E l’accesso a energia pulita sarà essenziale se l’Europa vorrà restare competitiva.”
Una bordata secca, insomma, all’idea di rallentare.
E ancora una volta, un monito ai governi: “Non possiamo permetterci di ridurre i costi energetici rinunciando agli obiettivi climatici. L’unica strada percorribile è affidarsi maggiormente all’energia pulita prodotta localmente.”
Più chiaro di così.
Nell’analisi di Lagarde c’è anche un’agenda concreta.
Tre i punti cardine: le rinnovabili sono fondamentali per ridurre l’impatto del cambiamento climatico; garantiscono indipendenza energetica a un continente povero di materie prime; e, avendo un costo marginale quasi nullo, possono contribuire ad abbassare stabilmente le bollette, oggi insostenibili per molte imprese.
E se le aziende energivore sono in difficoltà, i governi possono agire da subito.
Come? “Riducendo le tasse sull’elettricità, colmando il divario col gas e stimolando l’elettrificazione”, propone la presidente della Bce.
Ma serve anche un cambio di passo sugli investimenti: “Gli Stati membri devono creare un ambiente prevedibile, con procedure autorizzative più rapide. Gli investitori non si faranno avanti se la transizione verde sarà offuscata dall’incertezza.”
Un altro riferimento che suona come un invito a Bruxelles – e a Ursula von der Leyen – a non lasciarsi tentare dalle sirene del dietrofront.
Anche perché, avverte Lagarde, “stiamo assistendo a una crescente negazione della crisi climatica e a una reazione negativa alle iniziative ecologiche.”
Chiaro riferimento al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
Ma il messaggio vale anche per l’Europa: “Non possiamo permetterci di arretrare. L’Ue deve dare l’esempio.”
Insomma, mentre la presidente della Commissione invoca prudenza, Christine Lagarde alza l’asticella.
E mette in chiaro che il vero rischio, per l’Europa, non è il Green Deal.
Ma l’indecisione.








