La sicurezza non è solo un tema sociale, ma un fattore determinante per lo sviluppo economico.
L’insicurezza urbana, economica e digitale genera un costo complessivo superiore ai 25 miliardi di euro l’anno, pari a circa l’1,2% del Pil nazionale.
Le imprese italiane spendono oltre 6 miliardi di euro per sistemi di sorveglianza e protezione, mentre le aree con più alta criminalità registrano investimenti privati inferiori del 14% rispetto alle zone considerate più sicure.
In queste stesse aree, il costo del credito risulta fino a 0,8 punti percentuali più elevato, a causa del maggior rischio percepito da banche e assicurazioni.
È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui l’economia illegale e sommersa, stimata in circa 190 miliardi di euro l’anno, incide negativamente sulla concorrenza e sulla produttività, sottraendo risorse allo Stato e penalizzando le imprese regolari.
Esiste una correlazione diretta tra sicurezza, occupazione e sviluppo: nelle province con minore criminalità, il tasso di occupazione è in media più alto di 6 punti percentuali rispetto a quelle a rischio.
L’analisi evidenzia inoltre il peso crescente della sicurezza digitale: nel 2024 si sono registrati oltre 400mila attacchi informatici a danno di aziende italiane, per un danno economico stimato in 10 miliardi di euro.
Sicurezza e legalità devono essere considerate infrastrutture immateriali della crescita, capaci di rafforzare la fiducia, attrarre investimenti e garantire uno sviluppo stabile e duraturo per l’intero sistema produttivo.
“La sicurezza non è solo una condizione di libertà. È un motore economico: trasforma la fiducia in sviluppo e la legalità in prosperità. La fiducia è la prima infrastruttura dello sviluppo: senza legalità, le imprese non investono, il credito costa di più, i capitali fuggono. La sicurezza economica è fatta di ordine, controlli efficaci e certezza del diritto. Dove prosperano illegalità, evasione o lavoro nero, la concorrenza leale viene distrutta e le aziende sane pagano due volte.
Lo Stato deve considerare la sicurezza come una politica industriale, non solo come una funzione repressiva. Proteggere i dati e il lavoro digitale è oggi indispensabile come presidiare il territorio. La sicurezza fisica e quella informatica devono diventare un’unica strategia nazionale. La crescita nasce dalla fiducia. La sicurezza è il cemento della convivenza civile e dell’economia: senza fiducia nelle regole, nessuna impresa investe, nessun cittadino consuma e nessuna comunità prospera”, commenta il presidente Paolo Longobardi.








