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Il gran pasticcio del corso di filosofia negato all’Esercito. Scontro tra Università e Governo | La polemica

Si accende la polemica, agli Stati Generali della Ripartenza a Bologna, sul rapporto tra accademia e forze armate: il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, ha accusato l’Università di Bologna di aver rifiutato di attivare un corso di laurea in Filosofia per un gruppo selezionato di giovani ufficiali dell’Accademia di Modena.

Dura la reazione del Governo con la ministra dell’Università Bernini che ha parlato di una decisione “discutibile”, e quello della difesa, Guido Crosetto ha accusato i docenti di negare un corso ai militari che li difendono.

Il generale Masiello ha spiegato che il progetto mirava a “offrire nuove prospettive culturali e superare gli stereotipi”, con un programma destinato a 10-15 militari dell’Esercito. L’iniziativa, secondo Masiello, avrebbe voluto promuovere il “pensiero laterale” e arricchire la formazione dei giovani graduati con competenze umanistiche.

“Ho chiesto all’Università di Bologna di avviare un corso di laurea. Non hanno voluto”, ha detto il generale, precisando che l’ateneo avrebbe negato la proposta “per timore di militarizzare la facoltà: è una cosa che mi ha molto deluso”.

Il generale ha definito l’episodio “sintomatico dei tempi in cui viviamo” e ha ribadito la necessità di una maggiore consapevolezza sul ruolo delle forze armate nella società e nel contesto internazionale. “La nostra opinione pubblica e soprattutto i giovani devono capire quale è il ruolo delle forze armate”, ha detto.

Immediata la replica del rettore dell’Alma Mater, Giovanni Molari, che ha parlato di “scelta autonoma del dipartimento” presieduto dal professor Luca Guidetti che ha preferito “soprassedere e astenersi dal deliberare”.

Molari ha ricordato che le decisioni didattiche competono ai dipartimenti, aprendo comunque alla possibilità di attivare ulteriori percorsi di studio. “Siamo sempre aperti al dialogo con tutte le realtà che riconoscono l’eccellenza dell’ateneo”, ha assicurato.

Il tema era stato portato all’attenzione nelle settimane scorse dal collettivo universitario Cua, che aveva letto la richiesta dell’Esercito come “un’ulteriore prova della militarizzazione degli atenei”, collegandolo al contesto internazionale e alla produzione di armi.

Secondo la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, che ha sentito sia il rettore Molari sia il generale Masiello, si tratta “non soltanto di una scelta discutibile, ma di una rinuncia alla missione formativa” dell’Alma Mater, aggiungendo che “non esiste libertà senza sicurezza”.

I professori bolognesi, ha detto Crosetto, “possono stare tranquilli: quegli ufficiali che loro oggi rifiutano sdegnati domani e sempre, saranno pronti a difenderli ugualmente, ove e in caso fosse necessario. Spero solo che, ove e se (Dio non voglia), ciò accadesse, questi professori saranno, almeno moralmente, a fianco delle forze armate che hanno giurato di difendere, sulla Costituzione, sempre e ovunque ogni cittadino italiano. Come fanno già tutti i giorni”.

”Vari ministri del governo Meloni, a partire da Crosetto e Bernini a cui si è aggiunto pure Piantedosi, si lamentano della scelta del Dipartimento di Filosofia dell’ateneo di BOLOGNA che ha deciso di non attivare un corso riservato ai soli ufficiali dell’esercito. In questa vicenda ciò che trovo più strano è che l’Esercito abbia chiesto un corso riservato, chiuso ed esclusivo. Perché? Quali altre categorie hanno chiesto e ottenuto corsi universitari riservati e il cui accesso fosse impedito ad altre tipologie di studenti? Che io sappia questo caso certamente non è frequente, e forse questa è l’unica richiesta di questo tipo arrivata all’Università”.

Lo ha affermato Nicola Fratoianni di Avs. ”Alla Ministra Bernini che, incredibilmente e senza pudore parla di ‘rinuncia alla propria missione formativa’, vorremmo poi chiedere – prosegue il leader di Si – come può l’università essere protagonista della libera formazione ed istruzione superiore se dovesse ritrovarsi invece ad occuparsi di costruire corsi su misura, recitanti e perimetrati per specifiche categorie professionali, per giunta quelle in cui questi strumenti culturali potrebbero essere utilizzati anche in operazioni che possono causare, come accaduto in tante guerre del passato dall’Iraq all’Afghanistan alla Libia, morti e talvolta violazioni dei diritti umani”.

”L’università è e deve restare pubblica, libera e aperta a tutti, autonoma e indipendente, anche perché è pagata con i soldi di tutti i cittadini e le cittadine. Gli ufficiali delle forze armate del nostro Paese possono quindi liberamente iscriversi ad uno dei corsi esistenti. Chi pensa invece – conclude Fratoianni – che l’Università debba essere una specie di scaffale di esami e titoli a richiesta di specifiche organizzazioni può e deve guardare altrove, dove dietro il pagamento viene erogata formazione professionale e privata”

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