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Il divorzio transatlantico obbliga l’Italia a una scelta di campo | L’analisi di Paolo Gentiloni

“La speranza di tenere in vita quel che resta delle relazioni transatlantiche è giustificata”, scrive Paolo Gentiloni su la Repubblica, “ma sottovalutare la svolta americana sarebbe un errore di portata storica.

La nuova strategia di sicurezza, infatti, non cade dal cielo, ha un solido retroterra ideologico (in primo luogo il manifesto Project 2025 redatto due anni fa dalla Heritage Foundation) e si traduce in comportamenti coerenti.

Quando poi il capo del Pentagono, da poco rinominato segretario alla Guerra, dice basta alla nostra ‘ricerca di egemonia militare globale’ si capisce che la proiezione di questo Trump no global sui diversi teatri di crisi non potrà che essere, alla lunga, una proiezione di debolezza americana.

È dunque fondamentale che la risposta europea si rafforzi, lasciandosi alle spalle le tante illusioni e le troppe adulazioni.

Affrontare le conseguenze del divorzio che spacca l’Occidente è una precondizione se non si vogliono accreditare le parole dello stesso presidente americano che si è limitato a dire, sprezzante, che ‘i leader europei parlano ma sono deboli’.

Sull’Ucraina, l’Europa ha il suo Rubicone. E tocca varcarlo, con o senza gli Stati Uniti.

Rimasta fuori dalla riunione di Londra del trio di guida dei volenterosi, l’Italia oggi è chiamata a chiarire le proprie intenzioni.

Andare a Berlino è già una prima scelta positiva, molto diversa da chi, nella maggioranza e talvolta tra le opposizioni, tifa per Trump o addirittura per Putin e considera gli europei dei disturbatori guerrafondai.

Ma cosa andiamo a dire a Berlino?

Fin qui la linea della presidente del Consiglio è stata: noi lavoriamo per l’armonia tra Europa e Stati Uniti, cercando di far coesistere l’affinità ideologica con Trump e l’appartenenza europea.

È chiaro, tuttavia, che lo spazio per questa posizione si sta riducendo.

La situazione potrebbe imporre anche all’Italia una scelta di campo. In tempi brevi.

In generale non dubito dell’intenzione di Meloni di confermare il nostro sostegno a Zelensky, intenzione ribadita anche nel comizio di ieri a Roma.

Sono certo che oggi a Berlino parteciperemo allo sforzo europeo per trasformare quella che era una proposta di resa, i 28 punti russo-americani, in una credibile proposta negoziale il cui primo passo deve essere un cessate il fuoco sulle linee attuali del fronte.

Temo però che a una proposta negoziale Putin non sia ancora disponibile e non vedo arrivare, da parte italiana, le scelte conseguenti: dal decreto sugli aiuti militari al nostro ruolo nelle garanzie di sicurezza da offrire a Kiev”.

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