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Il bullo del quartiere | L’analisi di Antonio Socci

Su Libero, Antonio Socci si sofferma su una canzone di Bob Dylan per ricordare come l’ostilità verso Israele e chi ne sostiene le ragioni non sia cosa nuova, anche se oggi è arrivata a livelli impensabili, al punto che gli ebrei in Europa hanno paura a camminare per strada con la Kipà.

La canzone di Bob Dylan, uscita nel 1983, al tempo della guerra in Libano, si intitola “Neighborhood Bully”, ovvero “Il bullo del quartiere” (faceva parte dell’album Infidels). Il Premio Nobel per la letteratura, com’è noto, ha sempre vissuto un suo impegno civile, ma andando spesso controcorrente, anche in modo urticante per la mentalità dominante e per le mode ideologiche a cui il mondo della musica si inchina.

In questo caso lui, ebreo, volle esporsi contro il pregiudizio dilagante nei confronti di Israele, giudicato appunto “il bullo” del mondo. Dylan, con questa canzone, si sedette “dalla parte del torto”, cioè su una panchina quasi deserta, rispetto alla tribuna affollatissima di coloro che, oggi più che mai, criminalizzano Israele, strillando che nessuno deve contraddire la verità (che posseggono loro: i Buoni).

Rileggere alcuni di questi suoi versi fa riflettere:

«Il bullo del quartiere è un uomo solo/ I suoi nemici dicono che è nel loro territorio/ Loro sono di più, circa un milione contro uno/ Lui non ha nessun posto dove scappare,/ nessun posto dove correre/ È il bullo del quartiere».

L’amara ironia di Dylan rovescia l’immagine negativa che molti hanno del bullo Israele:

«Il bullo del quartiere vive solo per sopravvivere/ È criticato e condannato perché è rimasto in vita/ Non ci si aspetta che possa rispondere agli attacchi,/ né che abbia la pelle dura. Deve solo lasciarsi uccidere/ quando la sua porta viene sfondata./ È il bullo del quartiere».

Poi una serie di flash della sua storia:

«È stato scacciato da ogni terra/ Ha vagato per il mondo, come un esiliato/ Ha visto disperdere la sua famiglia,/ la sua gente perseguitata e fatta a pezzi/ È sempre sotto processo/ per il solo fatto di essere nato».

Ed ancora sul bullo:

«Ha steso una folla pronto a linciarlo/ ed è stato criticato/ dicono che deve scusarsi/ Poi ha distrutto una fabbrica di bombe,/ e nessuno era contento, le bombe erano per lui,/ avrebbe dovuto sentirsi colpevole».

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