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Giulia Bongiorno (Ex Ministro PA): «Riformare i processi non basta. Serve una radicale riforma dell’ordinamento giudiziario»

«Noi sosteniamo il ministro Cartabia e condividiamo l’urgenza di una profonda riforma della giustizia. Siamo in attesa dei testi. Il ministro Cartabia vuole introdurre alcune novità nel processo penale che io stessa avevo suggerito a Bonafede quando era ministro e che erano state bocciate. Però vogliamo anche andare oltre». Lo dice l’ex ministro della PA, Giulia Bongiorno, in un’intervista a Repubblica a proposito della proposta di referendum sulla giustizia avanzata dal leader della Lega, Matteo Salvini.

«Ripeto, nessun contrasto, noi vogliamo andare oltre. Quello che è venuto a galla, tra l’altro, è un correntismo esasperato che ha enormi ricadute sull’attività giurisdizionale: mina alla base la fiducia nella magistratura, nella sua indipendenza, nel suo ruolo di contrappeso agli altri poteri, come mai era accaduto nella storia della Repubblica».

«Un cambiamento radicale – aggiunge Bongiorno – non è semplicemente necessario, ma addirittura vitale. Ed è sollecitato da tantissimi magistrati che non si rispecchiano in alcun modo nelle torbide acque di quanto emerso sinora».

«Non conosco i testi del ministro Cartabia, ma da quanto ha annunciato si occuperà di riforme sui processi, con qualche correzione al sistema delle nomine al Csm. La Lega ritiene questi temi fondamentali e darà il suo contributo, ma a noi non basta riformare le procedure. Ogni giorno vengono lanciate accuse gravissime tra magistrati. Ricordo che i magistrati sono coloro che decidono sulla nostra libertà, il nostro patrimonio, la nostra vita», prosegue Bongiorno. «Serve una radicale riforma dell’ordinamento giudiziario – precisa -, non basta riformare i processi».

«Non è più il tempo di assegnare etichette o colori ai tentativi di riforma della giustizia. Si prenda atto che a forza di temporeggiare, di fare “melina”, la giustizia è sull’orlo del baratro. Si cambi rotta. Ora o mai più. Le faccio presente poi che i processi a carico del senatore Salvini hanno ad oggetto la condotta tenuta da un ministro nell’adempimento dei propri doveri. L’esistenza stessa di quei processi dimostra ancora una volta come il Parlamento votando a favore del processo abbia abdicato al proprio ruolo delegando alla magistratura una valutazione politica», conclude.

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