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Ecco dove il conto corrente inizia a rendere | L’analisi

Se chiedi soldi in prestito, la banca ti fa pagare gli interessi.

Se depositi i soldi in conto corrente, la tua banca ti riconosce un tasso attivo?

Provate a chiedere a genitori e nonni se quando erano giovani non migravano da filiale in filiale a trattare le condizioni migliori sul conto corrente.

E se una banca non soddisfaceva, si passava a quella dietro l’angolo.

Poi sono arrivate le fusioni fra istituti di credito, la chiusura delle filiali, i tassi negativi e il mondo è cambiato.

Fino a quando, la scorsa estate, la Bce ha ripreso ad alzare il costo del denaro a un ritmo che non si vedeva da decenni, mutui e prestiti sono diventati sempre più onerosi, ma i conti correnti sono rimasti fermi.

Il governo Meloni, scrive MF-Milano Finanza, ha sollecitato più volte le banche a ripristinare i tassi attivi e, non avendo risposta, ha annunciato ad agosto un’imposta sugli extraprofitti che ha agitato non poco il mondo finanziario.

E anche il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, ha detto di recente che le banche dovrebbero restituire ai depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce riconosce loro, ovvero almeno l’1,5%.

E pensare che, secondo i dati di Banca d’Italia, la remunerazione media alle famiglie alla data dello scorso giugno, era in media dello 0,27%.

Gli spagnoli spaccano.

Nel frattempo Bbva, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, secondo gruppo finanziario in Spagna dietro al Santander, sede nei Paesi Baschi (alla borsa di Madrid vale oltre 40 miliardi di capitalizzazione, poco meno di Intesa Sanpaolo), ha messo un piede in Italia con una proposta che si fa notare: remunerare la liquidità in conto corrente al 4%.

Niente male se si pensa che un Btp decennale rende il 4,3%.

Questo significa che 100.000 euro in conto maturano interessi per 4.000 euro l’anno (lordi, bisogna poi calcolare il 26% di tasse).

La proposta è valida per tutti e il conto non ha spese di gestione annuale a carico del cliente.

La strategia degli spagnoli è quella di una banca che deve entrare in un mercato nuovo e che effettua una proposta molto allettante per attirare clientela.

Come hanno reagito gli istituti italiani all’offensiva (solo online) di Bbva?

I grandi gruppi ricordano che oggi il conto corrente è un servizio e in quanto tale sono i clienti a doverlo pagare, mentre i prodotti che prevedono il vincolo a tempo della liquidità possono essere remunerati.

Alcune banche più piccole, però, alla ricerca a loro volta di nuovi clienti, stanno seguendo l’esempio di Bbva.

Chi segue l’esempio.

Come si può leggere nella tabella, Banca Mediolanum con ControCorrente paga il 4% annuo sulla nuova liquidità apportata entro l’8 novembre.

Attenzione ai costi, che sono di 79,2 euro l’anno.

Nuova la proposta di Banca Ifigest che, con Conto Corrente Web Fundstore, remunera al tasso Euribor 3 mesi -0,6% (ora equivale a circa il 3,2%) e non ha costi.

La liquidità può essere poi investita nella piattaforma dei fondi Fundstore.

Banca Progetto con Conto Key paga a tutti i clienti vecchi e nuovi il 2,5% e non prevede costi annuali di tenuta conto, Illimity con Conto Premium remunera il 2,5% e si fa carico dell’imposta di bollo annuale di 34,2 euro (qui il conto costa 84 euro l’anno compresi tutti i servizi).

Banca Sistema, con SIconto!Corrente, remunera il 2% lordo e non prevede costi.

Gli istituti più grandi invece, da Intesa Sanpaolo a Unicredit a Banco Bpm, Poste Italiane o Credem, per esempio, hanno proposte di conti correnti a zero rendimento ma che vedono però i costi annuali annullarsi in caso di accredito dello stipendio o della pensione.

La posizione dei grandi.

Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, è stato chiaro in merito quando è intervenuto a inizio settembre al Forum Ambrosetti: “in passato, quando i tassi di interesse erano negativi e in altri Paesi sono stati applicati ai depositi, noi in Italia non lo abbiamo fatto, quindi c’è la disponibilità a venire incontro ai clienti”.

Tuttavia, ha aggiunto Gros-Pietro, “il rapporto deve essere funzionale all’esercizio del credito.

I tassi crescono nella remunerazione del risparmio a tempo, raccolta che consente alle banche di finanziare gli investimenti, il risparmio a vista è invece un servizio che viene reso ai risparmiatori”.

Quindi: i conti correnti sono liberi nei movimenti e rappresentano un servizio (che non va remunerato dalla banca), mentre i conti deposito (con vincolo a tempo del denaro) vanno remunerati.

Sulla stessa lunghezza d’onda si trova Remo Taricani, Deputy Head di UniCredit Italia, secondo cui “il conto corrente non è uno strumento pensato per l’investimento dei risparmi, piuttosto per la gestione delle esigenze correnti”.

Di conseguenza, nel valutare “l’economicità di un conto corrente è opportuno prendere in considerazione sia il tasso d’interesse che i costi di gestione”, prosegue il manager.

Dallo scorso aprile, Unicredit ha abbassato i costi per 4,5 milioni di titolari di conti correnti in media di 4 euro al mese, ricorda Taricani, “per un risparmio annuo medio di circa 50 euro.

Mentre per l’investimento dei risparmi sono disponibili prodotti e soluzioni più appropriate”.

La banca milanese, nell’ambito del piano per l’Italia lanciato a giugno, è intervenuta per alleviare i costi dei finanziamenti, consentendo la rateizzazione a tasso zero degli acquisti effettuati con carta Flexia per chi ha un Isee inferiore ai 25 mila euro e consentendo di allungare la durata del mutuo fino a 4 anni per contenere l’importo della rata.

Per Matteo Faissola, responsabile commerciale di Banco Bpm, la banca “valuta costantemente le iniziative per la gestione della raccolta dei nostri clienti e ha un adeguato catalogo di offerta sui prodotti di investimento”.

Non prodotto di investimento.

Andrea Ragaini, vicedirettore generale vicario di Banca Generali, mette le mani avanti: la banca, specializzata nella gestione del risparmio di clienti di fascia alta e molto alta, non ha “alcuna intenzione di mettere mano ai tassi dei conti correnti, restiamo fedeli alla nostra concezione di conto corrente come servizio a disposizione del cliente per depositare la liquidità che serve per l’ordinaria vita familiare, più quella in attesa di essere reinvestita.

Molto lontana da noi l’idea di un conto corrente che possa essere interpretato come una forma di investimento”.

Ragaini sottolinea che questo modo di intendere il c/c è un vero controsenso in una situazione, come quella dell’italiano medio, caratterizzata per esempio da una forte sottoassicurazione dei rischi.

“L’italiano è ben poco propenso a investire in polizze, di qualsiasi tipo.

Questa tendenza cozza col fatto che il nostro è un Paese con forte debito pubblico e che in prospettiva non potrà fare molto sul fronte del welfare, dove anche la demografia e le politiche immigratorie per ora non giocano a favore.

Giusto quindi”, conclude, “cercare rendimenti extra, ma non è certo il conto corrente lo strumento che può risolvere in maniera strutturale questo problema”.

Il calcolo degli interessi.

Un piccolo appunto su come vengono calcolati gli interessi a seconda del prodotto.

Ivano Cresto, managing director prodotti di finanziamento di Facile.it, spiega infatti che “per il conto corrente, essendo un prodotto che normalmente prevede l’entrata e uscita di denaro, la remunerazione è calcolata sulla giacenza media in un determinato periodo (solitamente mensile), mentre per i conti deposito, dove normalmente la liquidità viene parcheggiata per un periodo più lungo, la remunerazione è calcolata su quanto effettivamente depositato”.

Altra componente a cui fare attenzione e che potrebbe avere un impatto sulla remunerazione, è la frequenza della capitalizzazione.

“Con una capitalizzazione più frequente il rendimento potrebbe essere superiore rispetto ad una più lenta, questo perché ad ogni capitalizzazione gli interessi maturati sono reinseriti all’interno del capitale depositato che quindi, nel corso del tempo, tenderà ad aumentare generando ulteriori interessi”, riprende Cresto.

“Se gli interessi vengono corrisposti invece tutti insieme solo alla fine del deposito, invece, questo meccanismo non si innesca”.

La tassazione sulla remunerazione è invece uguale (26%) fra conto corrente e conto deposito, mentre cambia la modalità con cui viene calcolata l’imposta di bollo.

Per i conti correnti l’imposta di bollo è fissa e pari a 34,20 euro ma è dovuta solo se la giacenza media risulta superiore a 5.000 euro.

Per i conti deposito, invece, imposta di bollo viene calcolata nella percentuale dello 0,2% sulle somme depositate, indipendentemente dall’importo.

“Va detto che, per questo tipo di prodotti, alcune banche scelgono di sobbarcarsi il costo dell’imposta di bollo senza farla pesare sul cliente”, ricorda il manager di Facile.it.

Per quanto riguarda i rendimenti dei conti deposito, “l’aumento è stato costante a partire dalla seconda metà dello scorso anno e ha seguito gli incrementi del costo del denaro da parte della Bce. Per i conti correnti, invece, solo di recente abbiamo visti i primi aumenti significativi nei tassi di remunerazione”, conclude l’esperto di Facile.it.

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