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[L’intervento] Lorenza Violini (Professoressa di Diritto costituzionale Università degli Studi di Milano): «Ecco quali sono i nuovi beni comuni»

Lorenza Violini, Professoressa di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Milano, è intervenuta al 66° Convegno di Studi Amministrativi, organizzato dalla Provincia di Lecco e dalla Corte dei conti, sotto l’alto Patronato della Presidenza della Repubblica, dal titolo Transizione ecologica, innovazione digitale e inclusione sociale: la realizzazione del Next Generation EU.

Riportiamo di seguito l’abstract del suo intervento, rilasciato all’interno della sessione dal titolo L’inclusione sociale, presieduta dal Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi. Il tema della relazione della professoressa Violini è stato “Beni comuni e diritti fondamentali della persona“.

L’intervento ha avuto per oggetto il nesso (ancora non del tutto chiarito sul piano giuridico)  tra la teoria dei beni comuni e i diritti fondamentali così come elencati in Costituzione e interpretati dalla Corte Costituzione. Mettendo in rapporto le due visioni, una facente capo alla dottrina civilistica e amministrativistica avente ad oggetto i beni e l’altra relativa al diritto costituzionale, l’intervento mira a far emergere come, sul piano teorico, il pensiero sui beni comuni presenti elementi di criticità  soprattutto nella definizione elaborata nel 2007 dalla  Commissione Rodotà. Tali criticità sussistono pur in presenza della visione solidaristica che accomuna il modello sociale che emerge dalla Costituzione  con quello che sottostà alle proposte e alle visioni portate avanti dai teorici dei beni comuni.  

E, invero, il modello sociale che emerge dalla Costituzione e che è stato realizzato nei decenni della ricostruzione e del boom economico, anche sulla base della visione della proprietà incarnato dall’art. 42 della Costituzione e dai primi articoli della stessa , è stato, come è noto, negli anni Novanta,  connotato da rilevanti scelte orientate verso la privatizzazioni dei beni e delle imprese pubbliche sia per rispondere alle scelte europee sia per porre rimedio all’ingente debito pubblico accumulatosi nel tempo.

Il pensiero sui beni comuni (condiviso da una parte della dottrina costituzionalistica ma da altri fortemente criticato) ha alla base la  tensione ad opporsi alla nuova visione della politica economica e ai suoi nuovi orientamenti e sicuramente, in quest’ottica, ha stimolato una discussione anche critica sul tema, facendo emergere sia dalla riflessione amministrativistica sia da quella dei costituzionalisti importanti idee per riorientare  le scelte pubbliche.

Al presente, il modello di sviluppo dei Paesi europei e, con essi, dell’Italia, a seguito della crisi del 2008 e, ancora di più, della pandemia ancora in atto, sta virando dalle scelte di privatizzazione verso un nuovo modello orientato alla sostenibilità, che tende a modificare il mix pubblico-privato tipico del modello tradizionale di stato sociale e dell’economia sociale di mercato, rimettendo al centro il ruolo del settore pubblico e dello Stato. 

Tale cambiamento,  che chiama in causa non solo i pubblici poteri  ma anche la società civile, in attuazione del principio costituzionale della sussidiarietà, spinge a riflettere sul senso della proprietà pubblica, dei suoi usi e sull’inveramento dei diritti fondamentali, ed è  di capitale importanza,  nell’ottica di una costruzione solidaristica e inclusiva, così come delineato dai 17 Goals delle Nazioni Unite. Essi costituiscono  l’ispirazione valoriale (ma non solo)  che sta alla base del Piano Nazionale di Resilienza e di Ripresa: sono, se si vuole,  i nuovi “beni comuni” o, meglio, le nuove “cose da fare” che impegnano i Governi a dare una risposta forte alla crisi e alle nuove domande che emergono dal contesto sociale verso i beni pubblici quali la salute e l’ambiente.  

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