“Nella discussione sui dazi americani di Trump ci sono alcune cose che meritano riflessioni ulteriori.
La prima è che non è detto che, come conseguenza dei dazi, i consumatori americani paghino le merci che importano del 25% in più.
Se il mercato americano è essenziale per gli esportatori, saranno essi ad assumere su di sé l’ammontare dell’intera tassa o di una sua parte, imponendo aumenti dei prezzi ai consumatori americani inferiori a quelli ipotizzati. Al limite nulli”.
Lo scrive Alberto Heimler sul magazine digitale Inpiu.net.
“Gli esportatori, peraltro, per finanziare il dazio potrebbero aumentare i prezzi per tutti e in questo caso di un ammontare ben inferiore al 25% della tariffa, tanto più basso quanto più bassa è la quota del mercato americano nel fatturato delle imprese. Paradossalmente quindi, potremmo essere noi a pagare per la politica protezionistica di Trump!
Ciò implica che l’obiettivo di Trump, la reindustrializzazione del Paese e il riequilibrio della bilancia commerciale, non necessariamente si realizzerà.
Certamente i ricavi delle aumentate tariffe finanzieranno una parte del disavanzo pubblico americano, ma non sembra essere questo l’obiettivo dell’Amministrazione.
La seconda osservazione riguarda lo sconcertante silenzio dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, guidata oggi da Ngozi Okonjo-Iweala, un’economista nigeriana che è a capo dell’OMC dal 2021 ed è stata riconfermata fino al 2029.
È vero che l’azione dell’OMC è stata bloccata dagli Stati Uniti della prima Amministrazione Trump che dal 2019 si è rifiutata di nominare i giudici della Corte di Appello (Appellate Body) dell’Organizzazione, un organo essenziale per garantirne il funzionamento.
Come conseguenza di questa arrogante decisione (che Biden non ha modificato) se anche venisse aperta una procedura d’infrazione contro gli USA per aver adottato dazi dall’intento chiaramente protezionistico, una decisione verrebbe presa dal tribunale di primo grado (dispute settlement body), ma poi il successivo appello non troverebbe la corte per giudicarlo e si perderebbe nel nulla.
Tuttavia il Direttore Generale dell’OMC potrebbe rilasciare interviste, denunciare pubblicamente il protezionismo americano, peraltro non una novità dopo gli aggressivi sussidi alle imprese introdotti dall’Inflation Reduction Act e dal Chips Act di Biden, promuovere studi e ricerche al riguardo. E invece la Direttrice Generale Okonjo-Iweala ha scelto un assordante silenzio.
La terza osservazione attiene alle possibili risposte dei paesi colpiti. Come noto gli USA non sono più come nel passato un grande paese produttore di beni, ma un fornitore di servizi tecnologicamente avanzati e di grande successo.
La reazione dei paesi colpiti dai dazi potrebbe quindi indirizzarsi verso i servizi americani, non verso i beni, e decidere di far pagare una tassa per ogni click su una piattaforma americana.
A meno di non cambiare radicalmente il business di Google, Facebook, WhatsApp, ecc., questa tassa verrebbe pagata dai profitti di queste società e non inciderebbe sul benessere dei consumatori europei.
Essendo una reazione a una politica commerciale aggressiva americana, la tassa per ogni click (potrebbe trattarsi di una stima del numero dei click) potrebbe essere introdotta dall’Ue e consentire l’auspicato ampliamento del bilancio dell’Unione” conclude.