«Ogni scelta che una Regione fa è legittima, non c’è il primo della classe, non mi permetto di discutere le scelte degli altri colleghi». Luca Zaia, presidente del Veneto, intervistato da Martina Zambon per il Corriere della Sera, premette questo a qualsiasi ragionamento sugli open day con i vaccini a vettore virale AstraZeneca e Johnson&Johnson.
Presidente, ieri ha annunciato che i due vaccini a vettore virale si avviano su un binario morto, perché?
«Ad aprile abbiamo visto la circolare di Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco ndr) — che raccomandava di utilizzare i vaccini a vettore virale sopra i 60 anni. Prima erano stati raccomandati sotto i 55, poi sotto i 60 e infine sopra i 60. Si parlava di trombosi profonde soprattutto nelle donne giovani. Quel giorno abbiamo preso una decisione: quel vaccino si sarebbe fatto solo a chi ha più di 60 anni, salvo diversa anamnesi del medico».
«Lo dissi al generale Figliuolo quando venne lo scorso 13 maggio: se resta questa l’indicazione, finiti gli over 60, i vaccini a vettore virale rischiano di finire su un binario morto. E quindi non abbiamo mai utilizzato l’open day. Ovvio che ora abbiamo un magazzino che sta crescendo. Abbiamo 400 mila vaccini di cui almeno 220 mila a vettore virale. I 140 mila di AstraZeneca li accantoniamo per le seconde dosi perché parliamo di un vaccino che funziona e dà un’ottima risposta anticorpale. Ma è vero che in Veneto siamo stati rispettosi al massimo dell’indicazione data da Agenzia italiana per il farmaco».
Questa scelta però rallenta i numeri della campagna di vaccinazioni…
«Si viaggia sui 40-50 mila vaccini al giorno ma dipende dalle forniture di Pfizer e Moderna. Possiamo arrivare a 100 mila al giorno. Sta funzionando anche l’accesso diretto per la singola dose di J&J agli over 60 che possono presentarsi in qualsiasi punto vaccinale senza appuntamento».








