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Un’ondata neo-bellicista attraversa l’Europa | L’analisi di Marco Mondini

Marco Mondini su Repubblica analizza l’ondata neo-bellicista che sta pervadendo l’Europa: «L’aspetto più bizzarro di questa retorica del bellicismo – sottolinea l’editorialista – è che se la prende con la generazione di militari e politici del vecchio mondo meno disposta ad andare in guerra che la storia contemporanea ricordi. Se non altro perché il «militarismo», termine che viene usato normalmente a sproposito dai protagonisti del dibattito pubblico, in Europa non esiste più dal 1945.

Oggi i generali e gli ammiragli servono governi che hanno fatto di tutto non solo per evitarlo, il rischio di una guerra, ma anche per non vederlo proprio. Tanto che, se una critica può essere mossa alle leadership politiche del continente, è proprio quella di non aver voluto reagire per tempo alla minaccia del revisionismo putiniano. Per ottimismo, forse. Per l’illusione che «la barbarie della guerra avesse abbandonato il nostro mondo», come ha ricordato Sergio Mattarella. O per mera convenienza elettorale, perché, come testimoniano desolantemente i sondaggi ogni giorno, sono ancora tanti gli europei a cui la sorte di un paese aggredito e il destino delle liberal democrazie interessa meno del prezzo della benzina. Fatto sta che a lungo non si è voluto riconoscere il pericolo che incombeva.

Nel 2010, quando Putin aveva già dichiarato al mondo la propria volontà di ricostruire un impero in Europa orientale, lo Strategic concept, il documento fondamentale della Nato, si riferiva alla Russia ancora come un partner affidabile. E nel luglio 2016, alla fine della conferenza di Varsavia, primi ministri e capi di Stato si mostravano ancora fiduciosi di poter ricostruire «relazioni costruttive» con Mosca.

Si è dovuti arrivare all’attacco contro Kiev del 2022 perché a Bruxelles e a Berlino, a Parigi e a Roma, le maggioranze di governo (o almeno, quasi tutte) si arrendessero all’evidenza. La Zeitenwende, la «svolta epocale» evocata da Olaf Scholz nel 2022 è stata, in fondo, soprattutto questo. Un’Europa riluttante ad abbandonare la comfort zone di una pace scontata – conclude – costretta a fare i conti (letteralmente) con la realtà di una guerra tornata alle sue porte. Una guerra che gli europei non hanno iniziato».

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