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Un mare di spesa pubblica con scadenti risultati sul pil e scarsa sorveglianza | L’intervento di Beniamino A. Piccone, professore di Sistema Finanziario Università Carlo Cattaneo Liuc Castellanza

Siamo proprio un Paese strano. Siamo tutti i giorni a parlare di cibo, di cosa mangeremo a pranzo o a cena, se la nonna farà l’arrosto per il pranzo della domenica, che piatto ci consiglierà Benedetta Rossi e non abbiamo la più pallida idea di cosa significhi l’aurea definizione del Premio Nobel per l’economia Milton Friedman: “Nessun pasto è gratis”.

Tutto ha un costo, o un costo-opportunità.

Se qualcosa può sembrare gratuito significa solo che il costo è nascosto o non immediatamente percepibile.

Se regalo sussidi a gogò significa che non ci saranno risorse per gli asili nido.

Per cui poi non lamentiamoci se le donne si dimettono alla nascita del secondo figlio.

Quando alcuni leader politici invocano servizi gratuiti non fanno che illudere il cittadino, prendere in giro gli elettori, i quali non dovrebbero dare il loro voto a soggetti per cui la spesa pubblica dovrebbe crescere all’infinito, senza quei cattivoni di Bruxelles che mettono limiti sia alla crescita del debito che all’agognata sovranità.

Secondo l’economista Riccardo Trezzi, dal 2021 a oggi lo Stato italiano ha speso tra Pnrr, Superbonus 110, bonus facciate, sussidi energetici, oltre 500 miliardi di euro.

Una grande abbuffata, rifacendosi al bel volume sul Pnrr di Tito Boeri e Roberto Perotti.

Al contrario di quanto pensano i keynesisti all’italiana (Marcello de Cecco docet), l’economia non cresce se si scavano buchi nel bilancio pubblico, perché l’economia prevede che si viva in un mondo di risorse scarse.

Invece di avere un avanzo primario (al netto degli interessi sul debito) nel 2023 abbiamo avuto un deficit primario vicino al 4% del pil.

Ben lontani i tempi di Carlo Azeglio Ciampi al Tesoro.

Una domanda sorge spontanea: dove è finito il controllo rigoroso della Ragioneria Generale dello Stato (Rgs)?

Perché non si discute del drammatico errore nelle stime del Superbonus da parte di chi è tenuto a valutare se esistono le risorse previste nei singoli provvedimenti legislativi?

La famosa bollinatura, ossia il visto di conformità e copertura che fine ha fatto?

L’articolo 81 della Costituzione per cui “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio” è stato bellamente eluso.

A leggere sul sito della Ragioneria la sezione Visione, missioni viene da sorridere.

Si legge che la Rgs è tenuta a “garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche”, a “vigilare sulla coerenza della finanza pubblica con gli obiettivi previsti dal Patto di Stabilità”.

Dai 35 miliardi della stima iniziale del Bonus 110, si rischia di arrivare a 140-150 miliardi.

Se si spendono miliardi di euro per il bonus 110, significa che non ci sono e non ci saranno risorse per le scuole che cadono a pezzi, per il dissesto idrogeologico, per la sanità pubblica che nel Sud Italia lascia molto a desiderare.

Più volte si ricorda l’efficace motto della Lady di ferro Margaret Thatcher, per cui “non esistono soldi pubblici ma soldi dei contribuenti”.

Probabilmente la sorveglianza sulla spesa pubblica non c’è da parte dei contribuenti, poiché chi paga l’Irpef è solo il 55% dei cittadini.

Gli altri vivono di pasto gratis.

Nei suoi scritti Carlo Cattaneo ha voluto sottolineare l’importanza dei fattori immateriali.

Per elevare il tenore di vita di tutti, lo sviluppo economico deve fare leva non solo sui fattori classici di capitale e lavoro, bensì su fattori più propriamente umani: gli atti d’intelligenza, il pensiero, la forza di volontà, gli assetti normativi e istituzionali, i saperi, le informazioni, la liberà di movimento e di rapporti.

Le regalie, i bonus non fanno leva sulla capacità delle persone; sono dei regali del Principe, finanziati tramite ulteriore deficit che si somma al debito precedente, incrementando a dismisura il debito pubblico che grava sulle generazioni successive.

Invece dei bonus, bisognerebbe dedicare risorse, con priorità massima, alla scuola, recuperando i drammatici casi di povertà educativa, di evasione scolastica, di emarginazione.

L’abbandono scolastico in quasi tutte le regioni del Sud supera la media nazionale del 12,7%.

In Calabria si arriva al 14%, in Campania al 16,4%, in Sicilia addirittura al 21%.

Nel contempo occorre dare maggior peso e dignità alla cultura scientifica, che in Italia non ha mai raggiunto il rango necessario.

Se conosci Leopardi o Foscolo sei un letterato, se hai studiato i coefficienti patrimoniali stabiliti dal Comitato di Basilea della Banca dei Regolamenti Internazionali sei un semplice tecnico.

Cattaneo, quando nel 1860 riprese la pubblicazione del Politecnico, da lui fondato nel 1839, scrisse mirabilmente: “Ragionar di scienza e d’arte non è sviare le menti dal supremo pensiero della salvezza e dell’onore della patria.

La legislazione è scienza; la milizia è scienza; la navigazione è scienza. Scienza è forza”.

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