La nuova tassa europea sul fatturato delle grandi imprese colpirebbe circa 3.460 aziende italiane con ricavi annui superiori ai 100 milioni di euro con una stangata che sfiora i 2 miliardi di euro.
Lo rileva una stima elaborata dal Centro studi di Unimpresa, secondo cui il gettito richiesto al sistema produttivo nazionale potrebbe raggiungere 1,8 miliardi l’anno, a fronte di un’aliquota ipotetica dell’1% sul volume d’affari, mentre con un’aliquota allo 0,5% il gettito calerebbe a 900 milioni.
A livello territoriale, la regione più colpita sarebbe la Lombardia con oltre 1.100 imprese (32% del totale), seguita da Emilia-Romagna (12%), Veneto (10%), Lazio (9%) e Piemonte (8%).
Dal punto di vista settoriale, la pressione si concentrerebbe sul comparto manifatturiero (35% delle imprese coinvolte), seguito da energia e utilities (15%), costruzioni, finanza e distribuzione commerciale (ciascuno al 10%).
“La misura rischia di penalizzare proprio i settori trainanti dell’economia italiana, già esposti a elevata pressione fiscale e rappresenta un serio ostacolo alla competitività delle imprese esportatrici e industriali. L’Italia, che si trova già a fronteggiare una pressione fiscale complessiva elevata (oltre il 43% del PIL), non può permettersi ulteriori oneri sulle sue imprese più grandi e dinamiche. In particolare, quelle che trainano le esportazioni, investono in innovazione e generano occupazione qualificata. La proposta della Commissione europea, così com’è formulata, rischia di gravare proprio su questi attori, alimentando un circolo vizioso di sfiducia e disinvestimento”, commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel quadro della proposta avanzata dalla Commissione europea per finanziare il bilancio comunitario 2028-2035, si inserisce una misura che potrebbe avere effetti significativi sull’economia italiana: l’introduzione di una nuova “risorsa propria” per l’Unione, sotto forma di contributo obbligatorio per le grandi imprese con un fatturato annuo superiore ai 100 milioni di euro.
Una misura che, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe generare circa 6,8 miliardi di euro all’anno su scala europea.
“L’impianto della proposta è semplice quanto potenzialmente distorsivo: le aziende attive nel mercato unico, indipendentemente dalla loro sede legale, dovrebbero versare un contributo parametrato non sugli utili, ma sul fatturato. Un’impostazione che – se applicata in maniera uniforme – penalizzerebbe in particolare le imprese a margine operativo più basso e quelle che operano in Paesi già sottoposti a pressione fiscale elevata”.








