La commissione Affari esteri della Camera ha approvato – secondo quanto si apprende all’unanimità – il documento conclusivo relativo all’indagine conoscitiva “sui risvolti geopolitici connessi all’approvvigionamento delle cosiddette terre rare”, deliberata il 22 marzo 2023 e articolata in 11 audizioni svolte a partire dal luglio 2023 e integrate da una memoria scritta presentata da Eni.
Tra i soggetti auditi: i rappresentanti dell’Istituto affari internazionali, dell’Ispi, della Federazione Anie (Associazione nazionale industrie elettroniche ed elettrotecniche), di Iren, Enea e dell’Agenzia internazionale per l’energia Aie.
Secondo molti analisti, si legge nel documento finale, la questione dell’approvvigionamento delle terre rare “avrà un impatto determinante sui futuri equilibri geostrategici dei maggiori attori internazionali, con risvolti a livello globale. La combinazione dell’importanza di questi materiali e dell’assenza, almeno nel breve e medio periodo, di credibili alternative determinano la necessità di assicurare catene di approvvigionamento adeguate, sicure e stabili”, si legge nel documento approvato dalla III di Montecitorio.
RIDURRE I RISCHI DI DIPENDENZA DALLA CINA RAFFORZANDO COOPERAZIONE DEMOCRAZIE LIBERALI
“Dalle audizioni svolte è emerso il ruolo preponderante della Cina, che detiene il 40% delle riserve globali di terre rare e controlla il 60% della estrazione e il 90% della raffinazione mondiale”.
“Le recenti dinamiche geopolitiche, caratterizzate da un significativo raffreddamento dei rapporti con Pechino, a seguito del sostegno alla guerra di aggressione della Federazione russa all’Ucraina e alle minacce alla stabilità del quadrante indo-pacifico, hanno evidenziato la necessità di ridurre i rischi legati a un’eccessiva dipendenza dalla Repubblica popolare cinese, ma anche, più in generale, da altri Paesi, considerata l’incertezza del quadro geopolitico e le ancora non chiare linee politiche assunte dall’Amministrazione statunitense”, si legge nella bozza del testo presa in visione da Public Policy.
“In questo quadro, il superamento del quasi monopolio cinese nella estrazione, raffinazione e distribuzione delle materie prime critiche passa necessariamente per un rafforzamento delle attività di cooperazione tra le democrazie di stampo liberale, che dovrebbero perseguire una strategia comune in grado di catalizzare l’interesse di altri Paesi like minded”.
LA RICERCA DI SOLUZIONI ALTERNATIVE E LO SVILUPPO DEI PAESI PARTNER
Il documento preso in visione evidenzia poi “l’urgente necessità di identificare soluzioni alternative”, inclusa la possibilità di “recuperarle e riciclarle da vecchi dispositivi elettronici o di individuare nuovi giacimenti”, pur tenendo presenti le “potenziali conseguenze negative sul piano sociale e ambientale”.
Questioni per cui le iniziative nazionali si devono iscrivere “in un quadro europeo che è già in avanzata definizione” (con obiettivi concreti “fissati al 2030 relativi alla percentuale di domanda da coprire a livello domestico: 10% per l’estrazione, 40% per la trasformazione e 15% per il riciclaggio”).
“Il rafforzamento delle capacità interne deve necessariamente accompagnarsi a una diversificazione delle importazioni, che comunque rimarranno un elemento centrale”, si legge ancora nel testo che aggiunge: “L’Unione europea è del resto parte di una più ampia coalizione che intende sviluppare forme di cooperazione per soddisfare le esigenze comuni”.
Il documento richiama dunque il Forum su partenariato per la sicurezza dei minerali.
“Mentre Pechino, di norma, acquisisce i materiali estratti in vari Paesi e crea valore aggiunto in Cina – attraverso la raffinazione -, l’Ue mira a creare un valore aggiunto locale nei Paesi terzi partners e a lavorare sulla sostenibilità delle attività economiche”.
La commissione rileva poi che l’Alleanza europea per le materie prime, Erma, “non sembra aver al momento prodotto esiti di particolare rilievo”, mentre, considerato che il Brasile è il secondo Paese al mondo per riserve, il Mercosur rappresenterebbe “un’opportunità strategica”.
PERSEGUIRE DE-RISKING CON MIX POLITICHE DIVERSE
“È del tutto coerente che l’azione del nostro Paese si inserisca nel quadro più ampio delle iniziative elaborate dall’Ue, evitando modelli autarchici, inadeguati rispetto alle sfide del contesto globale”, si legge.
“In conclusione, a fronte di una disponibilità di materie prime critiche teoricamente sufficiente, la competizione geopolitica e le politiche assertive delle grandi potenze pongono con particolare evidenza il problema della sostenibilità e della resilienza delle catene del valore, con riferimento a tutti i Paesi europei. Di qui la necessità di strategie di de-risking che devono necessariamente basarsi su un mix di politiche, che comprendano lo stimolo alla produzione interna, la diversificazione delle importazioni, lo sviluppo di tecniche di riciclo”.
POSSIBILE AVVIARE COOPERAZIONI BILATERALI PIANO MATTEI
“A livello nazionale, tre elementi appaiono soprattutto meritevoli di attenzione, insieme alle indagini su possibili disponibilità a livello nazionale. In primo luogo, c’è il tema delle cooperazioni bilaterali che si potrebbero avviare anche nell’ambito di strategie più complessive, come quelle legate al ‘Piano Mattei’”.
RICERCA MATERIE ALTERNATIVE: VALUTARE UTILIZZO PNRR
“In secondo luogo – si legge – appare promettente, sul medio periodo, la ricerca scientifica applicata, come nel caso del progetto della Fondazione Rara che punta a sostituire le terre rare e i materiali critici rari con leghe di altri materiali”, abbondanti e sostenibili, con le stesse proprietà dei primi.
Una prospettiva che “potrebbe essere perseguita, insieme a politiche con orizzonti temporali più immediati, attraverso l’uso di fondi pubblici, eventualmente provenienti dal Pnrr, e con il coinvolgimento del settore privato”.
INVESTIRE SU IMPIANTI DI RICICLO, MA SUFFICIENTE SOLO PER 10-15% FABBISOGNO
“Infine c’è il tema dell’attività di riciclo. Sotto questo punto di vista, l’Italia detiene il primato, in ambito europeo, per quanto riguarda la filiera legata ai metalli, ovvero nella raccolta di rottame (ferroso e non ferroso) e nel suo riutilizzo all’interno della filiera; per altro verso, tenuto conto che il nostro Paese recupera meno dell’1% di tutti i materiali tecnologici, elettrici ed elettrotecnici utilizzati (cellulari, stampanti, computer, schermi) c’è un importante potenziale da sfruttare”.
Al momento, “il tasso di raccolta di questi rifiuti in Italia è inferiore alla media: si ricicla circa il 34% di questi prodotti, contro il 47 europeo. È necessario, dunque, investire negli impianti di riciclo, in particolare nella creazione di siti per la lavorazione di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), definendo, nel contempo, un processo di smaltimento codificato e procedure per la qualifica end of waste dei prodotti ottenuti dal riciclo”.
Il documento conclusivo ricorda però che, anche alla luce della “crescente deindustrializzazione” dell’Europa, il riciclo non sarà comunque sufficiente: basterà a malapena a soddisfare “il 10-15% del fabbisogno industriale”, a fronte di un target fissato al 25%.








