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Sull’aumento della spesa militare ha vinto Trump | L’analisi di Alessandro Barbera

“Si dice spesso che il tratto distintivo di Donald Trump siano l’incoerenza e l’imprevedibilità. Ma nel caso dell’aumento della spesa militare imposto agli alleati della Nato non si può dire di non averlo visto arrivare.”

Così Alessandro Barbera su La Stampa: “Luglio 2018, pochi giorni dal vertice di Bruxelles. L’allora presidente americano – era al suo primo mandato – scrive una lettera di fuoco a diversi Paesi, fra cui Italia e Germania. Ecco cosa scriveva ad Angela Merkel: «È sempre più difficile giustificare agli americani il perché alcuni Paesi non condividono il peso della sicurezza nella Nato mentre i soldati americani continuano a sacrificare le loro vite all’estero o a tornare a casa gravemente feriti».”

“Per sette anni – scrive l’editorialista – la gran parte dei membri dell’Alleanza – oggi sono 32 – hanno fatto orecchie da mercante.

I primi mesi del secondo mandato dell’inquilino alla Casa Bianca – e la scena umiliante del leader ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca – hanno evidentemente cambiato lo scenario.

Lo sforzo finanziario dovrà raggiungere il 5% della ricchezza prodotta da ogni Stato membro, più che raddoppiando l’obiettivo del 2% fissato nel 2014.

Per il governo Meloni – o quello che gli succederà – non si tratterà comunque di una sfida semplice.

Oggi – e solo grazie a una riclassificazione stiracchiata delle spese decisa in fretta e furia a Palazzo Chigi – raggiungiamo il 2% chiesto dalla Nato undici anni fa.

Raggiungere il 5% significa uno sforzo di 54 miliardi di euro in dieci anni, una media di cinque all’anno.

Per un bilancio pubblico rigido come quello italiano significa pianificare una spesa che vale quasi tutta quella per la scuola, quasi la metà dell’intera spesa sanitaria.

Il tentativo fallito – e tutto a uso interno – del premier spagnolo Pedro Sánchez di chiamarsi fuori dall’impegno dimostra che la direzione è presa.

Ora starà a Giorgia Meloni e a Giorgetti trovare le risorse senza essere accusati dall’opposizione di far pagare il prezzo al già malandato welfare italiano.

La scadenza intermedia del 2029 ha un vantaggio: permette alla premier (e non solo a lei) di calciare la lattina un po’ più in là, alla prossima legislatura.

Con un però: più lontana verrà calciata la lattina – conclude – più alto sarà il prezzo politico della decisione.

Un sondaggio dello European Council of Foreign Relations dice che il 57% degli italiani si dichiara “in parte” o “fortemente” contrario all’aumento delle spese militari. Non c’è Paese europeo che registri numeri più alti”.

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