In quattro anni Stellantis ha tagliato in Italia “quasi 10mila posti di lavoro, passando da 37.288 dipendenti nel 2020 a 27.632 nel 2024. Un crollo di 9.656 lavoratori che fotografa la crisi profonda del gruppo automobilistico nel nostro Paese”.
Questi i numeri che emergono dalla ricerca del centro studi della Fiom-Cgil “Stellantis: la grande fuga dall’Italia”, presentata a Roma.
Il segretario generale della Fiom Michele De Palma chiede da un lato un incontro con l’amministratore delegato di Stellantis Antonio Filosa per discutere di un Piano industriale, dall’altro un intervento del governo, questa volta però non più sul tavolo del ministero delle Imprese e del Made in Italy ma su quello di Palazzo Chigi.
A influire su questo risultato – viene spiegato – sono soprattutto le uscite volontarie attraverso accordi sindacali che la stessa Fiom-Cgil non ha firmato, con iniziative di accompagnamento alla pensione e voluntary leave.
Gli esuberi dichiarati nel 2024 sono stati 3.700 e 2.352 nel 2025, per un totale di 6.052, con costi di ristrutturazioni pari a 777 milioni di euro.
Al primo settembre 2025, su 32.803 dipendenti, 20.233 sono interessati da cassa integrazione e contratti di solidarietà, il 61,68%.
Nella componentistica, circa 8.523 lavoratori coinvolti su 13.865 sono in ammortizzatori sociali.
Il gruppo – fa presente la Fiom-Cgil – continua a perdere quote di mercato, passando dal 35,23% al 29,13% tra il 2022 e il 2024.
Il patrimonio netto è calato di 1,2 miliardi dal 2020, nonostante la distribuzione di 2 miliardi di dividendi nel 2023.
Gli investimenti materiali sono scesi da 4,9 miliardi nel 2021 a 4,1 miliardi nel 2024, con tagli pesanti su attrezzature industriali e macchinari.
La spesa in ricerca e sviluppo è crollata da 991 milioni nel 2014 a 314 milioni nel 2024.
Nel capitale fisso l’Italia è il Paese che fa peggio con un calo del 19,53%, mentre cresce il Nord America (+28,82%).
In 20 anni la perdita di produzione è stata di oltre 520 mila veicoli.
Nel 2024 prodotte solo 289.154 auto e 190.784 veicoli commerciali.
Negli stabilimenti motori il crollo dal 2004 è di 534.700 unità.
“Per una reale politica industriale serve fermare i dividendi per investire nell’azienda – afferma De Palma – l’amministratore delegato Antonio Filosa ha preso in mano una situazione drammatica, determinata dal fallimento del piano di Carlos Tavares. Chiediamo un confronto con l’amministratore delegato Filosa per la definizione di un Piano industriale che deve prevedere nuovi modelli mass market perché quelli annunciati non bastano a saturare gli stabilimenti, un Piano per rafforzare la ricerca e sviluppo, il ripristino del progetto della gigafactory, il rilancio di Maserati e di Alfa Romeo, nuove assunzioni per invertire la strategia delle uscite incentivate e per rigenerare l’occupazione negli stabilimenti”.
“Al governo chiediamo di spostare il confronto sull’automotive dal ministero delle Imprese del Made in Italy a Palazzo Chigi – osserva ancora De Palma – il tavolo automotive ha prodotto esclusivamente incentivi per l’acquisto che non sono in grado di risolvere una situazione che è di crisi strutturale del settore. Occorre portare la produzione ad almeno 1 milione di veicoli all’anno”.
Infine – conclude De Palma – “all’Unione europea la Fiom chiede un fondo pubblico straordinario per rilanciare ricerca, sviluppo, produzione e occupazione, prevedendo l’ingresso degli Stati nell’equity delle imprese. Se permane una situazione di questo tipo proporremo a tutti di mobilitarci, perché non è più accettabile che ci sia l’eutanasia dell’automotive del nostro Paese. Il Piano Italia non funziona”.