“Non si può essere equidistanti. Neppure se nel dilemma codificato dal politologo Ivan Krastev si sceglie la pace anche a costo di sacrificare la giustizia”.
È netta la posizione di Stefano Feltri, direttore del quotidiano Domani che sottolinea come “di fronte alla paura dell’arma atomica, molti italiani invocano una pace che significa resa, sono disposti ad abbandonare l’Ucraina al suo destino, se questo è il prezzo da pagare per fermare Vladimir Putin.
Altri – scrive – vivono in un delirio da propaganda del Cremlino nel quale il presidente Volodymyr Zelensky è un guerrafondaio circondato da nazisti disposto a sacrificare il suo popolo forse per vanità personale.
Per alcuni ciarlatani da talk show probabilmente gli ucraini hanno fatto saltare il ponte in Crimea (territorio ucraino occupato dai russi da otto anni) per scatenare una reazione che li facesse passare come vittime.
I missili russi su Kiev che fanno strage di civili, insomma, Zelensky se li è cercati. In questo clima alcuni partiti cercano di capitalizzare la paura e la rabbia per le bollette gonfiate e si nascondono dietro una richiesta di pace.
Che non vuol dire niente, perché nessun paese occidentale si sta opponendo a negoziati, l’Ucraina non ha modo di far cessare il fuoco perché è la vittima e non l’invasore.
Cedere territori ucraini a Mosca – ricorda Feltri – non è garanzia di pace: i compromessi sulla Crimea dopo il 2014 hanno soltanto preparato l’invasione del 2022.
Questo è un dibattito troppo complesso per ridurlo a slogan, neppure se gli slogan sono quelli del popolo pacifista. La Russia è ‘invasore la sua dirigenza si è macchiata di crimini di guerra e deve essere processata.
E se gli ucraini hanno fatto cose esecrabili, tipo l’attentato all’incolpevole Darja Dugina, anche loro dovranno risponderne. L’escalation nucleare la evoca Putin, non la Nato.
Le nostre armi all’Ucraina vanno a una guerra di resistenza, i nostri soldi per il gas russo finanziano un’invasione illegale.
Se Putin fosse disposto a trattare, benissimo. Dalla Turchia di Erdogan a Israele, non mancano i possibili mediatori.
E vent’anni di convivenza con l’occidente dimostrano che con i dittatori siamo più che disposti a scendere a patti. Ma al momento non è questo il caso.
L’unico dilemma che siamo chiamati a sciogliere è se la pace si persegua sostenendo l’Ucraina o abbandonandola. Chi va in piazza – conclude – dovrebbe chiarire qual pace sta invocando”.








