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Si vis pacem, para bellum | L’analisi di Michele Ainis

Michele Ainis su Repubblica parla di pace e Costituzione: “«L’Italia ripudia la guerra»: così sta scritto nell’articolo 11 della Costituzione».

Ma è ancora vero mentre il mondo si riarma?

Mentre il piccone di Trump s’abbatte su tutte le istituzioni della legalità internazionale, dall’Oms alla Corte penale?

Mentre le potenze imperiali (Usa, Russia, Cina) si dividono il pianeta?

«Si vis pacem, para bellum», dicevano i nostri antenati: se vuoi la pace, prepara la guerra.

È di nuovo questo il motto dell’Europa, del continente di cui facciamo parte.

Ma – si chiede l’editorialista – si può ripudiare la guerra preparandosi alla guerra?

No, a meno di cacciarsi in un ossimoro, in una contraddizione in termini.

Non che quella formula sia mai stata applicata nel suo significato letterale, lungo i tornanti della nostra storia.

Ma adesso è tutta un’altra storia. Non c’è la parola dell’Onu, non c’è forse nemmeno più la voce del diritto internazionale, dopo la crisi di legalità aperta dall’invasione russa in Ucraina.

Si muovono le grandi potenze, o qualche Stato europeo in ordine sparso. E si muovono con una chiamata alle armi.

Trump pretende che i membri della Nato incrementino la spesa per la difesa dal 2 al 5 per cento del loro prodotto interno lordo.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – ricorda Ainis – propone d’attivare la clausola di salvaguardia del patto di stabilità, per aumentare il budget delle spese militari.

E nel frattempo l’industria delle armi prospera, ingrassa, macina profitti.

Dobbiamo correggere l’articolo 11, per porlo in sintonia con questo tempo di guerra?

Nel 2018 Giorgia Meloni firmò una proposta di revisione costituzionale per introdurvi un timbro sovranista, arginando l’applicazione dei trattati europei.

Ma è l’opposto che bisogna fare. Anzi, non fare.

I principi fondamentali della Costituzione sono sacri, guai a metterci le mani.

Segnano però una direzione, che va adattata alle stagioni della storia.

In questa stagione disgraziata è l’ultima parte dell’articolo 11 a indicarci la via: «promuovere la pace e la giustizia fra le Nazioni», accettando limiti alla nostra sovranità.

Sta qui la vocazione costituzionale dell’Italia, che adesso siamo chiamati a riscoprire.

Trasformando il ripudio della guerra, da obbligo puramente negativo, in energia fattiva, in una somma d’azioni e di reazioni.

Anche riarmandoci, se serve a dissuadere i signori della guerra.

Ma – conclude – con un ruolo d’apripista nella ricerca di soluzioni negoziali, di compromessi che favoriscano la pace”.

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