“La Carta delle Nazioni Unite, della cui firma ricorrono oggi gli 80 anni, fu un mix di retorica e politica al massimo livello.”
Così Serena Sileoni sulla Stampa, osservando che “la prima servì a confezionare una straordinaria poetica dei diritti, della pace, della dignità universali e a modificare il concetto e la natura stessi del diritto internazionale. La seconda servì a continuare a garantire il primato della volontà politica degli Stati sul diritto internazionale, i loro interessi sull’ordine mondiale, i loro equilibri di forza, definiti dalla distinzione tra vinti e vincitori, grandi e piccole potenze, rispetto a una condizione di parità. Il potere di veto è la punta dell’iceberg di un sistema fragile, che sarebbe stato forte solo se non si fossero avverate le condizioni critiche a cui avrebbe dovuto far fronte, ovvero conflitti e contrasti che avrebbero diviso le grandi potenze, così diverse tra loro.”
“Negli ultimi anni e mesi – scrive l’editorialista – la Carta è ingiallita con velocità esponenziale. Compie 80 anni, ma ne dimostra molti di più. Dalla sua vetustà si ricavano, però, due lezioni utili oggi più di ieri. La prima: abbiamo imparato a conoscere il linguaggio rudimentale di Trump. Le parole, la postura oltre che la lunaticità del capo degli Stati Uniti hanno in pochi mesi reso chiaro quanto sia rischioso affidarsi alla sua guida. Eppure, mentre l’incontro di Ginevra tra i principali leader europei e Araghchi è stato inutile, è spettato a Trump conseguire e annunciare la tregua tra Iran e Israele. Senza la guida degli Usa continuiamo a sentirci, anzi a essere, insicuri e incapaci di assumere determinazioni, se non risolutive, quantomeno capaci di incidere nei rapporti internazionali.”
“La seconda lezione è che le dichiarazioni e le carte, in politica, contano, ma fino a un certo punto. La retorica e il diritto, dove spesso essa si manifesta, sono strumenti in mano a chi governa. La Carta delle Nazioni Unite voleva promettere, a parole, qualcosa di diverso dal passato. Un diritto internazionale nuovo, basato sull’impegno comune per la pace e le relazioni amichevoli, non sulla forza e la potenza. Ma già in quelle parole, nel modo in cui esse organizzavano quel presunto ordine, c’era l’inevitabile tradimento dei suoi presupposti, se fosse mancata, appunto, la volontà di usarle e dovrebbero aiutarci a capire la fragilità dell’ordine che è stato e il valore di quello che potrà essere, almeno in Europa e col Regno Unito accanto.”








