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Sergio Dompé (Presidente Dompé Farmaceutici S.p.A.): «La proposta di Biden sui brevetti sarebbe un esproprio»

«No, non è possibile che abbia detto una cosa del genere, ho subito pensato. Mi sono cadute le braccia». Lo afferma, in un’intervista a Margherita De Bac del Corriere della Sera, Sergio Dompé, ex numero uno di Farmindustria e presidente dell’omonimo gruppo farmaceutico, parlando della proposta di Biden di sospendere i brevetti sui vaccini anti-Covid.

Non se lo aspettava da Biden? «Proprio così, non mi aspettavo che il discorso dei brevetti venisse liquidato con degli slogan. Sa che mi è venuto in mente? Il doge di Venezia». «Nel 1474 – spiega – fece un editto per promuovere la conoscenza e l’innovazione e attirare nella Serenissima la migliore intellighenzia riconoscendo i diritti di invenzione a patto che le scoperte venissero rese pubbliche».

«In un momento come questo in cui abbiamo compiuto uno sforzo incredibile per trovare in meno di 12 mesi un vaccino utilizzando una tecnologia che un anno e mezzo fa non esisteva, be’ in un momento storico del genere vengono proposte ricette semplicistiche. Le avrei viste bene in bocca ad altri, non a Biden».

Il presidente Usa, prosegue Dompé, «ha dimostrato di non avere sufficiente consapevolezza della complessità che sorregge un risultato così straordinario, frutto di un sistema che andrebbe incentivato anziché espropriato. Governi, industrie, gruppi di ricerca, tutti insieme per raggiungere l’obiettivo».

Perché parla di esproprio? «Questi successi dovrebbero servire a tenerci uniti e non a dividerci. L’idea dell’esproprio brevettuale significa non lavorare con chi quel brevetto lo possiede. Insomma, è un intervento divisivo. La quantità immensa dei vaccini prodotti oggi è frutto dell’enorme sforzo di un’unica squadra. E adesso dire alle aziende, che certo hanno avuto la loro parte, grazie, potete accomodarvi, mi sembra davvero mancanza di realismo».

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