Mentre il ministro dell’Economia Franco confida che la crescita quest’anno possa essere superiore al 4%, il consenso dei previsori si sta collocando sotto questa soglia (da ultimo l’Upb, il cui compito è validare le previsioni del Mef, con una stima del 3,9%). La differenza di valutazione dipende fondamentalmente dalla severità del rallentamento che i previsori scontano per l’inizio dell’anno.
Sono diversi i fattori che bloccano la ripresa in questo scorcio del 2022. La nuova ondata della pandemia ha colpito i settori più esposti, con nette cadute nel turismo, nel trasporto e nell’intrattenimento. Le strozzature nelle forniture e il rincaro dell’energia stanno incidendo sull’attività manifatturiera, soprattutto secondo l’ultima indagine Istat tra le imprese di piccola-media dimensione; il settore potrebbe peraltro risentire, tra fine 2021 e inizio 2022, di un possibile colpo di freno del commercio mondiale connesso alla diffusione di Omicron. I cambiamenti normativi in materia di super-bonus edilizi volti a contrastare le frodi sembrano indurre una gelata nelle ristrutturazioni edilizie, ovvero nel settore che ha dato una sensibile spinta alla crescita dello scorso anno.
Sono tutti fattori transitori, ma di durata incerta. Le ipotesi di rialzo del Pil sopra il 4% presuppongono che essi siano superati, per la gran parte, già nelle prossime settimane, in modo da non danneggiare più di tanto la dinamica del I trimestre. E’ difficile dire con le attuali informazioni quanto fondata sia questa ipotesi. L’Istat segnala una recuperata solidità di gran parte delle imprese, ma anche una loro forte incertezza sugli sviluppi futuri.
Per quanto riguarda l’attenuazione in atto della pandemia, l’esperienza passata ha in effetti mostrato che i rimbalzi post-ondate sono rapidi e forti, sottostando una impellente e compressa voglia di spendere. Qui, però, è il punto di differenza rispetto allo scorso anno. Oggi registriamo un’impennata dell’inflazione che erode il potere d’acquisto delle famiglie.
Queste continuano a detenere, nel loro insieme, risparmi in eccesso a cui possono attingere per finanziare le spese, soprattutto se ritengono che l’aumento dei prezzi superiore a quello dei redditi sia un fenomeno destinato a rientrare. Ma anche in questo caso – e cioè assumendo che i consumatori la pensino come (finora) la Bce e tutti i previsori in materia di inflazione (suo ritorno sotto il 2% nel 2023) – la caduta in atto nei redditi reali è suscettibile di allentare la molla del rimbalzo dell’economia: la voglia di tornare a spendere potrebbe essersi ridotta per motivi di forza maggiore.








