I lavoratori ci sono (toh). I laureati ci sono. Potrebbero tenere vive le biblioteche, h24 vive le loro periferie, accogliere chi non ha spazi dove studiare, leggere, «pensare», la fila sarebbe lunga.
«Non si trovano laureati, non si trovano lavoratori. I giovani sfuggono dal posto fisso». I tormentoni.
Eppure come ve lo spiegate che quando c’è domanda di lavoro culturale è tutta un’altra storia?
E si trovano, dunque. Ve ne restano 1192. A fronte di una domanda risicata, fate voi le proporzioni, cosa succederebbe se fosse il contrario?
Non chiudono la sera, la domenica, d’estate.
Chi ha figli sa cosa vuol dire trovare uno spazio (gratuito), (sicuro), (dove portarli a leggere). Detox.
Chi studia sa cosa vuol dire rincorrere un posto della concentrazione.
Chi vive solo sa cosa significa la compagnia.
Chi abita fuori sede in un posto letto sa cosa significa «estendere».
Le biblioteche sono tutto questo.
Perché sono presidio civile.
Perché ogni biblioteca aperta è un centro contro la povertà educativa, un ponte tra generazioni, l’alternativa (certo se le frequentiamo!).
Chi si candida pensa che il bene comune esista ancora.
In 8 posti e 1.192 delusi? Bisogna decidere dove investire.
Se le vediamo per quello che sono: scuole civiche permanenti.
Un paese che ha deciso di non lasciare soli i suoi lettori.
P.S. Qualcuno che ha fatto un salto al Festival a Taormina ha anche pensato di aprire la libreria?
Per fortuna c’è la biblioteca (mi hanno risposto).








